Dai merletti di Alençon al Carnevale di Granville: le sette meraviglie normanne riconosciute dall’Unesco

I preziosi merletti di Alençon e il Carnevale di Granville: sono solo due dei sette gioielli normanni considerati dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Nel 2003 è stata firmata una convenzione per salvaguardare il patrimonio culturale immateriale. Come dire: l’eccezionalità a livello globale non riguarda solo luoghi culturali e naturali, ma anche le tradizioni orali, le arti e lo spettacolo, le conoscenze, le competenze.

I MERLETTI DI ALENCON

Il punto Alençon è una rara tecnica di produzione del merletto ad ago che risale al XVII secolo. Deve la sua unicità alla maestria richiesta e al tempo necessario per produrla (sette ore per centimetro quadrato).

Realizzato esclusivamente a mano, il merletto a punto Alençon è composto da minuscoli elementi il ​​cui intreccio è davvero molto complesso.

Il know-how si basa esclusivamente sulla trasmissione orale e sull’insegnamento pratico. Pensate: per imparare la tecnica occorre una formazione che va dai 7 ai 10 anni !

Oggi sono solo sei i merlettai confermati, i quali insieme a quattro apprendisti conservano e trasmettono quest’arte all’interno dell’Atelier national du point d’Alençon.

Se vuoi sapere di più su Alençon, che sicuramente vale la pena visitare, leggi anche questo post.

IL CARNEVALE DI GRANVILLE

Il Carnevale di Granville è una tradizione che risale a più di 100 anni fa.

Granville è una bellissima cittadina della Bassa Normandia fondata dagli inglesi nel XV secolo per sorvegliare e difendere Mont Saint Michel. Porto d’attracco per le isole Chausey, Granville è nota per la Giornata dei Folli, che si celebra per ricordare la partenza dei marinai per la pesca sui bassifondi di Terranova.

Il Carnevale di Granville, uno dei più belli e originali d’Europa, attira ogni anno 150 mila persone. Quest’anno – Covid permettendo – andrà in scena dal 21 al 25 febbraio.

Si parte con la consegna delle chiavi della città al Re del Carnevale, e con una sfilata di circa 40 carri allegorici, abitati da personaggi politici e celebrità. I carri vengono realizzati nei sei mesi precedenti dai circa 3.500 Carnavaliers, composti da comitati di abitanti riuniti da quartieri, amici, colleghi, famiglie.

Ovviamente non mancano musica e balli popolari, mentre nella piazza del municipio si svolge una battaglia di coriandoli. La lunga festa si chiude il martedì con la NOTTE DEGLI INTRIGHI: gli abitanti di Granville, camuffati per non essere riconosciuti, si spostano in bar, ristoranti o famiglie ospitanti per incontrare determinate persone, raccontando barzellette e dicerie. Un modo originale per regolare conti in sospeso esprimendo in pubblico, nella totale impunità, i risentimenti accumulati durante l’anno nei confronti di un conoscente o di una personalità della vita pubblica di Granville.

LE FORTIFICAZIONI DI VAUBAN

Sono 12 gruppi di edifici fortificati lungo le frontiere occidentale, settentrionale e orientale della Francia, progettate da Sébastien Le Prestre de Vauban e aggiunte nel 2008 alla lista dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO.

Il lavoro di Vauban costituisce un importante contributo all’architettura militare universale e testimonia l’evoluzione della fortificazione europea nel XII secolo, oltre ad aver prodotto modelli utilizzati in tutto il mondo fino alla metà del XIX secolo.

Dopo la battaglia di Barfleur-la-Hougue nel giugno 1692, che vide la sconfitta di Luigi XIV contro la flotta anglo-olandese, Vauban chiese la costruzione di due torri che avrebbero protetto l’ancoraggio delle barche nel porto di Saint-Vaast, già naturalmente protetto dall’isola di Tatihou.

Queste torri sono caratterizzate dalle loro molteplici funzioni, osservazione, ripresa in mare e comunicazione tramite segnali, e sono un ottimo esempio del genio militare di Vauban. Saranno infatti integrate nei complessi fortificati dispiegati sulla costa del Cotentin fino alla Seconda guerra mondiale.

…. CONTINUA….

A Saint Vigor l’antica cappella in rovina diventa un’opera d’arte (grazie a un giapponese)

E’ una vera e propria opera d’arte. Costruita alla fine del 1200, stava andando in rovina quando negli anni Novanta un artista giapponese, Kyoji Takubo, decise di dare il via a un progetto un po’ folle. Sto parlando della Cappella Saint Vigor, vicino a Falaise, in Bassa Normandia.

La rinascita

Rimaneggiata nel corso dei secoli, la Cappella venne chiusa al pubblico nel 1983. Lo stato di abbandono sembrava irreversibile, quando un giorno del 1987 Takubo la scoprì e se ne innamorò. Decise subito di trasformarla in un’opera d’arte.
I lavori iniziarono nel 1992, grazie ai finanziamenti di numerosi sponsor francesi e giapponesi.

Artista molto noto in Giappone, quando aveva 40 anni Takubo trascorse dieci anni a Falaise con la moglie e i suoi tre figli. “La cappella è una parte di me”, ha dichiarato tempo fa l’artista, che oggi ha 71 anni. “I miei figli sono cresciuti lì. È il luogo dove hanno passato la loro infanzia. Hanno imparato il francese e il mio figlio maggiore ha frequentato l’Università di Caen. Siamo stati i primi giapponesi a vivere a Falaise”.

Una storia davvero incredibile. Una delle particolarità di questo gioiellino è il tetto: alle tegole originali Takubo ne ha aggiunte alcune di vetro colorato, che creano all’interno sorprendenti giochi di luce.

Il tetto colorato della Chapelle Saint Vigor

Non solo: l’artista ha voluto ricoprire i muri interni con foglie di piombo, sulle quali ha applicato varie mani di pittura di diversi colori. Sull’ultimo strato ha disegnato rami di melo, per poi grattare i vari strati con uno scalpello speciale da lui stesso ideato, facendo così risaltare i disegni, che raccontano le diverse stagioni del melo, albero tipico della Normandia.

Ogni estate la Chapelle Saint Vigor ospita mostre d’arte. Ho avuto la fortuna di visitarla mentre erano esposte le opere di due artisti molto interessanti, Jean-Yves Baulin e Joël Mérienne, che lavorano rispettivamente con il legno e il metallo (la mostra resterà fino al 20 settembre 2020).

L’esterno della Chapelle Saint Vigor, con il suo piccolo cimitero

Questo antico edificio è protetto e sostenuto dall’Associazione degli amici della Cappella Saint Vigor. Un’associazione nata negli anni Ottanta che ha aperto le porte agli artisti, ridandole vita e salvandola dall’oblio.

Alla prossima scoperta!

Saint-Céneri-le-Gérei, un monaco italiano all’origine di uno dei villaggi più belli di Francia

Saint-Céneri-le-Gérei è uno dei più bei villaggi della Francia.

Ne avevo sentito parlare ma non ero mai riuscita a visitarlo. Per fortuna pochi giorni fa la mia amica Aurélie mi ha proposto di scoprire questo gioiello immerso nella campagna normanna e… voilà. Ne valeva veramente la pena!

Non molti lo sanno, ma Saint-Céneri-le-Gerei, nel dipartimento dell’Orne, prende il nome da un monaco italiano!
Chi se lo sarebbe mai aspettato?

ll giovanissimo Céneri, nato a Spoleto tra il 620 e il 625, si recò a Roma con il fratello Cénéré per servire il Papa, entrando nell’ordine benedettino. Cinque anni dopo ebbe una visione nella quale il Papa gli ordinava di andare a ovest. I due fratelli attraversarono così le Alpi, per giungere a Saulges, nella diocesi di Le Mans. Céneri lasciò lì il fratello e ripartì, accompagnato dal giovane Flavard. Un giorno d’estate del 689, i due arrivarono esausti sulla riva di un fiume che circondava un promontorio roccioso. Céneri cominciò a pregare e.… miracolo! Dalla roccia cominciò a sgorgare l’acqua. Una sorgente miracolosa che successivamente fu trasformata in una fontana.

La Fontana miracolosa, costruita nel punto in cui sgorgò la sorgente che dissetò San Céneri. Secondo la leggenda, quell’acqua ha proprietà curative: si dice che curi alcune malattie degli occhi.

Volevano attraversare il fiume, ma era in piena. Céneri allora ricominciò a pregare. Nuovo miracolo: le onde della Sarthe si fermarono e le acque si abbassarono, lasciandoli raggiungere la riva opposta. Flavard, commosso, lasciò cadere in acqua il libro di preghiere di Céneri, che verrà ritrovato intatto diversi anni dopo.

Con il tempo, la reputazione di santo si diffuse e Céléri fondò una comunità di monaci benedettini. Nel 669 sulla sommità del promontorio iniziò la costruzione di una chiesa in legno.

Céneri morirà prima del suo completamento, il 7 maggio 670. Per sua volontà, la chiesa sarà chiamata Saint Martin du Mont Rocheux, dove sarà sepolto.

Due secoli dopo la chiesa fu distrutta dai Normanni. Fu solo nel 1089 che iniziò la costruzione della chiesa attuale. Completata nel 1125, nel 1886 divenne monumento storico.

Saint Martin du Mont Rocheux

Quella che vedete qui sopra è la statua di Saint-Céneri, all’interno della cappella. Come potete notare, è ricoperta di spilli e bigliettini. La tradizione vuole che le giovani donne in cerca di marito debbano infilare un ago nella veste del santo. Se l’ago resta piantato nella pietra, il voto sarò esaudito entro l’anno. A giudicare dalla quantità di aghi, sembra proprio che siano in molti a crederci!

L’Auberge des Soeurs Moisy

In questo villaggio ricco di storia, c’è anche L’Auberge des Soeurs Moisy, che alla fine del XIX secolo attirò molti pittori famosi tra i quali Corot e Courbet.

In questo piccolo villaggio della Bassa Normandia vivono solo 150 persone, tra cui molti artisti e pittori che lavorano nei loro atelier.

Arte e religione, storia e natura: tutto questo è Saint-Céneri-le-Gérei. Uno dei più bei villaggi di Francia grazie anche a un italiano!

Alla prossima!

Alençon, la città del merletto

Tutto si deve a Marthe La Perrière, una merlettaria che nella metà del Seicento introdusse ad Alençon il “punto di Venezia” . L’instancabile Madame La Perrière ci lavorò su e alla fine realizzò una raffinatissima tecnica, il “punto di Alençon“, facendo guadagnare a questa città la fama mondiale.

Capoluogo del dipartimento dell’Orne, Alençon, è anche la città natale di Santa Teresa di Lisieux (2 gennaio 1873). Ma è all’arte del pizzo – coltivata nell’Atelier Nazionale – cui si deve l’inserimento da parte dell’Unesco nel Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità.
Un pizzo che non può essere riprodotto se non a mano. Con ago, filo e un’antica sapienza.

Ho scattato queste foto nel Museo di Belle Arti e del Pizzo di Alençon. Allestito nel 1857 nell’ex collegio dei Gesuiti, è un luogo magico che regala molte emozioni. Ammirare da vicino questi pizzi assolutamente unici, realizzati con punti microscopici, ti fa subito rendere conto di quanta pazienza e di quanta abilità le merlettarie siano dotate. Ore e ore con ago e filo, le dita consumate e gli occhi stanchi. Pensate: per realizzare un centimetro quadrato di pizzo occorrono almeno 7 ore.

Il museo mostra i vari passaggi, almeno dieci, necessari a realizzare questi veri e propri gioielli artistici. Una volta le merlettarie non conoscevano le differenti fasi: ognuna ne realizzava una parte per evitare che il segreto della lavorazione fosse svelato. Oggi il pubblico può assistere a dimostrazioni pratiche di lavorazione del merletto tre volte a settimana, a luglio e agosto di ogni anno. Ma si possono anche ammirare pizzi di altre tradizioni ed epoche, per capire i cambiamenti sociali e storici durante i secoli.

Quando giri per le strade di Alençon, antica città dei duchi di Normandia,  ti immergi in un tempo lontano. Le case a graticcio, la Casa d’Ozé, l’antica dimora del duca di Alençon, i palazzi con balconi di ferro battuto. E poi la Basilica di Notre-Dame.

Basilica di Notre-Dame ad Alençon

In stile gotico flamboyant, tipico della Normandia, nasce nel XII secolo. Il fil rouge di Alençon sono i merletti. E infatti il portico a tre lati sembra fatto di pizzo, ma è in pietra. Strabiliante.
Fu realizzato alla fine del 1400.

Ma forse la cosa che mi ha colpito di più è stato il mercato accanto alla chiesta, in Place de la Magdeleine (ogni giovedì e sabato mattina). Un tripudio di profumi e colori, sorrisi e buon umore.

Per non parlare dei cioccolatini…. di tutti i gusti e le forme.

Non c’è dubbio: Alençon è uno dei miei luoghi preferiti. Un regalo per gli occhi e il palato.
Una visita in questa cittadina della Bassa Normandia che fu di grande ispirazione per Honoré de Balzac (vi ambientò il suo romanzo breve “La vieille fille“, ovvero “la zitella”), è assolutamente d’obbligo.

Alla prossima!

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