Addio a Elisabetta, ‘the Queen, Our Duke’

Sapevate che Elisabetta II, oltre che regina d’Inghilterra, era anche duchessa di Normandia? Anzi duca, al maschile. È una lunga storia che vale la pena raccontare…

Tra i 130 milioni di sudditi di Sua Maestà che l’8 settembre scorso sono rimasti orfani della loro amata Regina, ci sono anche molti normanni.

Dal 2 giugno 1952, giorno della sua incoronazione, per gli abitanti delle isole franco-inglesi nel Canale della Manica lei è sempre stata “il duca”, al maschile.

Perche’ duca e non duchessa?

Il ritratto, senza corona, di Elisabetta “duke of Normandy”, nel palazzo dell’Assemblea di Jersey.

Nonostante facciano parte della Normandia, Jersey, Guernsey, Alderney, Sark, Herm, Jethou, Brechou e Lihou sono sotto la corona britannica. Da mille anni sono infatti governate dai re e dalle regine inglesi.

Bandiere a mezz’asta a Jersey per la morte di “the Queen, our duke”.

Ma perché “Duke of Normandy” e non “Duchess”? La spiegazione è semplice: nella gerarchia degli appellativi reali, “Duke” è più forte di “Duchess” e niente può essere più forte di un monarca; quindi, lui o lei, indipendentemente dal sesso, deve rimanere il più forte. Ecco perché il nome resta al maschile.

Se Lilibeth era “Duca di Normandia”, era però “Duchessa di Edimburgo”. Come mai, vi chiederete? Perché era moglie del Duca di Edimburgo, il Principe Filippo, il suo adorato consorte morto l’anno scorso.

Comunque, ora tutta questa strana gestione dei titoli è finita: con Carlo III la regalità torna a essere maschile.

Lilibeth e la Normandia: un grande amore

Ieri, mentre aspettavo di ascoltare il primo discorso del nuovo re d’Inghilterra Carlo III, ho indagato un po’ e ho scoperto che anche la mia regale omonima aveva un rapporto particolare con la Normandia.

Basti dire che Elisabetta è stata incoronata nello stesso luogo, l’Abbazia di Westminster a Londra, dove furono incoronati i suoi avi Guglielmo il Conquistatore (primo re normanno d’Inghilterra) e Riccardo Cuor di Leone.

Ma non è solo per questo che Lilibeth amava questa terra.

Ecco alcune delle sue visite, ufficiali e non, rimaste nella storia.

Rouen, 1972

La Regina Elisabetta e il Principe Filippo lasciano Rouen a bordo dello yacht Britannia il 19 maggio 1972 • © Agence France Presse

Siamo nel maggio 1972 e la regina e suo marito Filippo stanno completando il loro viaggio ufficiale in Francia. Arrivano in treno alla stazione di Rouen da Parigi.

Per gli abitanti della cittadina normanna è un giorno quasi festivo. Molti dipendenti vengono autorizzati a partire per partecipare a questo evento e agli studenti viene concesso di non andare a scuola. Rouen viene invasa dalle bandiere e decorata con fiori.

La coppia (entrambi parlavano perfettamente il francese) fa prima un passaggio davanti alla cattedrale, poi si reca davanti al monumento di Giovanna d’Arco in Place du Vieux-Marché. Un momento importante: la Regina omaggiava l’eroina torturata dagli inglesi.

Elisabetta e Filippo vengono quindi portati sulla riva sinistra del cimitero militare nel distretto di Saint-Sever, dove dalla Prima guerra mondiale sono sepolti migliaia di soldati del Commonwealth.

Lilibeth e il Principe torneranno nel loro regno a bordo dello yacht Britannia, che consideravano la loro residenza preferita, in un’atmosfera degna dell’Armada.
Salperanno salutati dall’ovazione dei tanti normanni presenti (e ci sarà anche un uomo che fuggendo ai controlli cercherà di salire a bordo).

Deauville, 1967

La Regina Elisabetta arriva a Deauville, 1967.

La passione sfrenata per i cavalli e per le corse porterà molte volte sua Maestà in Normandia. È il 29 maggio 1967 quando Elisabetta arriva all’aeroporto di Deauville-Saint-Gatien per visitare le migliori fattorie e allevamenti di cavalli della regione francese.

Il Libro d’Oro di Deauville firmato dalla Regina Elisabetta nel 1967..

La sovrana ne approfitta per visitare i famosi allevamenti (haras) normanni. Per tre giorni si stabilisce nel castello di Sassy, ​​tra Argentan e Alençon. Attraversa la campagna dell’Orne e visita in particolare l’Haras du Pin.

Vent’anni dopo, nel 1987, la Regina amazzone tornerà dai suoi adorati purosangue, accogliendo l’invito dell’allenatore Alec Head, proprietario dell’Haras du Quesnay, nei pressi di Deauville. Incontrerà anche Philippe Augier, allora amministratore delegato dell’agenzia francese di vendita di purosangue.

Elisabetta II nell’allevamento di Quesnay nel 1987 (archivio Ouest France)

In quella occasione, la Regina approfitta per fare un salto nell’elegante cittadina costiera, dove verrà eccezionalmente autorizzata ad attraversare a bordo della sua Rolls Royce le celebri Planches di Deauville.

La Regina Elisabetta nella sua Rolls Royce sulla spiaggia di Deauville.

Veterana della Seconda Guerra Mondiale

La Regina Elisabetta era una veterana della Seconda guerra mondiale: era stata assistente di ambulanza per l’esercito britannico. E’ stata l’ultima sovrana europea ad aver vissuto i bombardamenti su Londra, nel 1940, e all’epoca dello sbarco degli alleati aveva 18 anni.

Dal canto suo, Filippo era il nipote di Louis Mountbatten, capo del quartier generale dell’Operazione Jubilee, lo sbarco canadese a Dieppe nel 1942.

Non sorprende quindi che durante il suo lungo regno abbia partecipato regolarmente alle commemorazioni del D-Day.
Come nel 1984, quando al fianco di Ronald Reagan e François Mitterrand si reca a Utah Beach e ad Arromanches per salutare e ringraziare i veterani britannici.

Nel 1994, per il 50.mo anniversario dello sbarco, visita il cimitero americano di Colleville-sur-Mer e Omaha Beach al fianco di Bill Clinton.

La Regina Elisabetta alla commemorazione del D-Day il 6 giugno 1994.

Nel 2004 torna ad Arromanches con Jacques Chirac, George Bush e Vladimir Putin.

Elisabetta con Bush, Chirac e Putin ad Arromanches nel 2004.
La Regina Elisabetta con Jacques Chirac nel 2004.


Quella volta Lilibeth cerca anche di ritagliarsi un momento privato: viene “beccata” a Honfleur, gioiellino sulla costa del Calvados, mentre entra in uno dei tanti ristoranti che si affacciano sul vecchio porto. La voce dell’arrivo della sovrana si è sparsa a macchia d’olio: giornalisti, telecamere e turisti si accalcano davanti al ristorante. Lei entra senza fermarsi. La vera notizia è che non indossa uno dei suoi iconici cappelli.

Esce poco dopo, ma non si ferma a salutare i tanti fan, soprattutto inglesi, che nel frattempo la attendono per vederla da vicino e immortalare l’evento.  Nessuno però gliene farà una colpa. Anche una Regina ogni tanto ha diritto a mangiarsi una cosa in santa pace….

Il suo ultimo viaggio in Normandia

Il suo ultimo viaggio ufficiale in Normandia risale al giugno 2014, per il 70.mo anniversario del D-Day. La regina, all’epoca 88enne, accompagnata da Carlo e Camilla e dal presidente François Hollande, si troverà al fianco dei leader mondiali, tra i quali Barack Obama, Vladimir Putin, Giorgio Napolitano e Angela Merkel.

La Regina Elisabetta nel suo ultimo viaggio in Normandia per le celebrazioni del D-Day, 2014.

L’8 settembre 2022 l’iconica e inimitabile Queen Elizabeth II ci ha lasciati. La monarchia regge (per ora), ma una cosa è certa: nessuno altro re o regina sarà come lei, “Our Queen, Our Duke”.

Alla prossima!

Sbarco in Normandia per Pierce Brosnam

Pierce Brosnam sulle spiagge dello sbarco. L’ex James Bond è arrivato in Normandia per girare il suo nuovo film, The Last Rifleman. La trama è tutto un programma: un veterano fugge dalla casa di riposo per assistere alle celebrazioni del D-Day.

A rivelarlo è stato lo stesso attore dopo aver visitato il Museo de la Tapisserie di Bayeux, uno dei tesori artistico-storici conservati in questa regione e patrimonio dell’Unesco.

Pierce Brosnam ha vestito i panni dell’agente segreto più famoso del cinema dal 1995 al 2002, in Goldeneye, Il domani non muore mai, Il mondo non basta e La morte può attendere.

Dai merletti di Alençon al Carnevale di Granville: le sette meraviglie normanne riconosciute dall’Unesco (3° parte)

In questo terzo ed ultimo post dedicato ai sette gioielli normanni “premiati” dall’Unesco per la loro unicità, vi parlerò delle spiagge dello sbarco e del porto di Le Havre.

LE SPIAGGE DELLO SBARCO DEL D-DAY

Le spiagge dello sbarco del D-Day rappresentano un messaggio universale di pace e libertà.
Inserite nella lista del Patrimonio Mondiale dal 2018, conservano le tracce e i ricordi dell’Operazione Overlord. Preparata a lungo da 17 nazioni alleate e lanciata il 6 giugno 1944 sulle coste della Normandia, portò alla liberazione dell’Europa occidentale e alla fine della Seconda Guerra Mondiale. La più grande operazione anfibia e aerea di tutti i tempi.

In quel famoso 6 giugno del ’44, gli Alleati contavano su un esercito di quasi tre milioni di uomini: 1.700.000 americani, e il resto inglesi, francesi, canadesi, norvegesi, belgi, polacchi e cecoslovacchi. Per lo sbarco fu scelta una zona di circa 100 km tra Le Havre e Cherbourg, divisa in cinque spiagge contrassegnate con nomi in codice:

LE HAVRE

Strettamente legata allo sbarco in Normandia è Le Havre, iscritta nella lista dell’Unesco dal 2005. Il centro di Le Havre fu pesantemente bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale. Fu ricostruito grazie a un piano messo a punto dal “poeta del cemento armato”, Auguste Perret, il più grande architetto del XX secolo. Un visionario che disegnò i principali edifici pubblici della città.

A Perret – mentore di Le Corbusier – si deve un’architettura capace di far risaltare la luce. Una luce unica che ispirò a Claude Monet l’Impression Soleil Levant, dipinto a Le Havre nel 1872, che diede il nome al movimento impressionista.

Città universitaria e portuale, è situata sulla riva destra dell’estuario della Senna ed è molto importante dal punto di vista economico grazie al suo porto affacciato sulla Manica.

Tra le città ricostruite dopo la guerra, Le Havre è eccezionale per la sua unità, omogeneità e modernità architettonica.

Il notevole patrimonio della città è stato realizzato negli anni da grandi architetti: Bellarmato, Thibault, Lamandé, Perret, Niemeyer, Reichen & Robert, per non parlare di Jean Nouvel.

L’Hôtel de Ville è la struttura monumentale più importante: lunga 143 metri, ha al centro una torre di 18 piani alta 70 metri.

L’Hotel de Ville di Le Havre

Da non mancare il Museo d’arte moderna André Malraux – MuMa Le Havre, che contiene una delle più importanti collezioni di opere dell’Impressionismo dopo il museo d’Orsay di Parigi.

Straordinari anche i giardini pensili, che si estendono per 17 ettari e regalano una splendida vista sulla baia della Senna e sul porto.

Ma il pezzo forte di LH è la chiesa di Saint-Joseph. Capolavoro di Perret, che morì prima della fine dei lavori (iniziati nel 1951 e terminati  nel 1957/58), è una cattedrale di cemento con 12.000 vetrate che veglia sulla città. La sua torre di 107 metri – concepita come una lanterna – è visibile dal porto.

L’interno della Cattedrale di Saint Joseph a Le Havre

Con questa meraviglia si chiude la serie di post sui sette gioielli normanni inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Spero che li abbiate trovati interessanti e di ispirazione per i vostri prossimi viaggi, sperando di poter tornare presto alla normalità.

Intanto, ancora Buon Anno e … alla prossima!

Il cimitero americano di Omaha Beach, per non dimenticare

La Normandia è strettamente legata a uno dei più drammatici momenti della nostra storia.

Spesso mentre attraverso le stradine e la miriade di piccoli paesi di questa regione, penso alla sofferenza e ai drammi che questo popolo ha vissuto e subìto durante un conflitto che ha lasciato molte tracce, anche psicologiche.

Visitare la spiaggia e il cimitero di Omaha Beach aiuta a non dimenticare.

Settanta ettari a picco su una scogliera che sovrasta una spiaggia immensa raccolgono le spoglie di 9387 soldati americani morti per la maggior parte durante il D-Day.

Di proprietà degli Stati Uniti d’America, il cimitero e il monumento ai caduti sono gestiti dall’American Battle Monuments Commission, un’agenzia indipendente del Governo Usa. Ogni anno viene visitato da un milione di persone.

Oltre a Theodore Roosevelt Jr., figlio del presidente Theodore Roosevelt, qui sono sepolti anche Preston e Robert Niland, la cui storia ha ispirato Steven Spielberg per il film Salvate il soldato Ryan.

Camminare tra le migliaia di croci bianche è molto commovente.
Il silenzio e una profonda tristezza accompagnano i visitatori di uno dei luoghi simbolo della Seconda guerra mondiale.
Immaginare che così tanti giovani siano rimasti uccisi per liberarci dal nazismo provoca emozioni difficili da spiegare.

Qui sopra la statua bronzea alta sei metri, realizzata da Donald De Lue, che raffigura The Spirit of American Youth Rising from the Waves.

Anche il vicino Memorial Museum è assolutamente da non perdere.

Brividi. Storia. Bellezza struggente. Tutto questo è il cimitero americano di Omaha Beach.