Le 5 cose che ho imparato in Normandia

Non si finisce mai di imparare. E’ proprio vero. Decidere di vivere una seconda vita in Normandia non è stato facile, ma mi ha aiutato a superare i miei limiti e alcune insicurezze, facendomi scoprire lati di me che neanche conoscevo. Ci sono (almeno) 5 cose che ho imparato da questa avventura. Ve le svelo in questo post…

Scegliere, sperimentare, imparare

Da qualche tempo sono abbonata a una newsletter di una coach americana, Jennifer Farley, una ThetaHealing Practitioner che dà consigli su come condurre una vita più sana e più produttiva. L’ultimo è questo:

In every experience you have chosen, there is something to learn. How quickly you learn is completely up to you. 

Tradotto, “in ogni esperienza che hai scelto di fare, c’è qualcosa da imparare. Quanto velocemente impari, dipende solo da te“.

Questa frase mi ha subito fatto pensare alla mia decisione di comprare una casa in Normandia e a tutto quello che questa scelta ha comportato.

Da dove comincio?

Quando ho deciso di acquistare questa casa non ero mai stata in Normandia e non conoscevo anima viva. Non è stato facile affrontare tutti i problemi che ho incontrato. Dalla lingua (imparata al liceo) alle procedure, il notaio, le tasse, la gestione della burocrazia, l’assicurazione, fino alla ricerca di persone in grado di fare i lavori. Non sapevo dove fare la spesa, come gestire la spazzatura, da chi comprare la legna per il camino…

Non è come su Amazon

Ma piano piano, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, ho messo insieme i tasselli di questo complicato puzzle. Certo, comprare una casa non è come comprare un frullatore su Amazon: non puoi restituirlo se non ti convince. A parte il fatto di non conoscere nessuno, i miei problemi principali erano tre:

  1. avevo una limitata disponibilità economica
  2. non possedevo un’automobile
  3. ho scelto una casa del 1850: tanto bella e autentica, per carità, ma non avete idea di quanta cura e interventi abbia costantemente bisogno.

Ma non mi sono arresa. Devo ammettere che un aiuto l’ho avuto. La mia guida è stata Stéphanie, l’agente immobiliare che mi ha venduto la casa e che poi è diventata una mia grande amica. Grazie a lei ho trovato persone fidate che hanno fatto i lavori necessari. Mi ha sempre sostenuto e mi ha dato molti consigli. Un esempio? Le TARME. Loro amano la mia casa forse più di me, adorano le travi di legno (ne ho tantissime) e questo le rende felici. Volevo sbarazzarmene e così la scorsa estate l’ho passata tra pennelli e scale a trattare tutte le travi con un antitarme… Poi un giorno la mia “guru” mi ha detto: “Elisabetta, qui in Normandia le tarme ci sono e ci saranno sempre, bisogna conviverci”. Et voilà. Mi sono rassegnata e soprattutto rasserenata.

Con il tempo ho imparato a muovermi anche da sola, riuscendo (quasi) sempre a trovare una soluzione. La ricetta? Determinazione e tanta, tanta pazienza.

Ma la casa non è stato l’unico problema…

Come mi sposto?

Quando sono sbarcata nella campagna normanna non avevo un’automobile. Ricordo che durante la mia prima estate qui, ho fatto l’autostop insieme a mio figlio Leo, allora 17enne. Erano 40 anni che non lo facevo ed è stato fantastico ! Mi è anche capitato di girare con la magnifica 4×4 che Stéphanie aveva in quel periodo (di tanto in tanto è impegnata in rally automobilistici nel deserto, Marocco, Oman…) e che mi ha gentilmente messo a disposizione.

Leo ed io
L’ex 4×4 di Stéphanie

Poi sono passata a Oui Oui Car, un portale dove i privati affittano ad altri privati le loro automobili. Comodo, ma non tanto: qualcuno doveva sempre accompagnarmi qua e là nei vari villaggi a recuperare (e riportare) le varie macchine. Per cui dopo un anno mi sono decisa e ho comprato Charlotte, una Citroen Saxo del ’96, acquistata a un prezzo super stracciato da un garage/distributore di benzina poco lontano da casa.

Charlotte

L’ho amata e la amerò per sempre. Girare per la Normandia con Charlotte mi ha regalato momenti indimenticabili (a parte una volta a Giverny, quando il motore stava per prendere fuoco). Ma dovevo pagare l‘assicurazione, far fare ogni anno il contrôle technique (la revisione) e spendere regolarmente soldi per ripararla. Fortunatamente in Francia il bollo non esiste.
Insomma, alla fine erano più i problemi che i vantaggi e così le ho detto “addio”, rivendendola al garagista per poche centinaia di euro.

Da un paio d’anni sono passata alla locazione. Una soluzione che mi costa 5 euro al giorno (più il costo dei chilometri, 14 centesimi a km se resto un mese, un po’ di più se la locazione è più breve) e mi permette di avere sempre una macchina perfetta. Non devo pagare l’assicurazione e riparazioni varie, né fare la revisione ogni anno. Peccato solo che ultimamente ci sia stato l’aumento del prezzo della benzina.

Il cellulare, sembra facile….

Un altro problema è stato il cellulare. In un primo momento avevo deciso di comprare una sim francese ricaricabile. Ma quale???? Qui è come in Italia: le offerte spuntano come funghi. Ed è già difficile capire cosa scegliere in italiano, figuriamoci in francese… Il risultato è stato che in sei anni ho cambiato tre gestori: sono passata da Sfr a Orange a Bouygues. Il problema è che comunque se non ricarichi regolarmente la carta, il numero scade. Quindi, non venendo per lunghi periodi, avrò cambiato almeno dieci numeri. Per non parlare del fatto che se non hai una carta di credito francese, devi comprare la ricarica in un tabac o in una sede del tuo gestore. Mi è successo di trovarmi qui in agosto, senza macchina, con il tabaccaio del paese chiuso per ferie e non sapere come raggiungere il negozio di telefonia (sono tutti a una ventina di chilometri di distanza). Un vero incubo.

Il wi-fi, dalle stalle alle stelle

Questione spinosa: il wi-fi. Il primo anno volevo installarlo, ma avrei dovuto avere un numero fisso: non essendo residente, non ne valeva la pena. Quindi ogni volta che mi serviva, dovevo uscire e andare sulla piazza del paese. Per quale motivo?, vi chiederete. Semplice: davanti all’ufficio del Turismo c’è uno spazio di wi-fi gratuito. Perfetto! Il problema era quando faceva freddo, o pioveva, o era notte. Sembravo una sfollata… Poi la svolta: ho scoperto che mi potevo collegare al pc tramite l”hotspot del cellulare: peccato che impostando (prudentemente) una soglia massima di consumo, venivo tagliata fuori regolarmente.

Come uscirne? Orange è corsa in mio soccorso con il “coffret prêt-à-surfer“, una specie di mouse con dentro una sim. Funzionava ? Contrariamente al suo nome, non era per niente “pronto a navigare”. Sarò dovuta andare nella sede della compagnia telefonica (sempre a 20 km di distanza) una decina di volte. Inutile dire che il simpatico “coffret” è rapidamente finito nella scatola delle pile scariche.

Due anni fa la svolta: da Bouygues si può noleggiare una BOX (35 euro al mese) che restituisci quando non ti serve più. Infili la spina nella presa, inserisci la sim, colleghi i dispositivi con una password e il gioco è fatto. Ma anche lì la procedura non è semplicissima: per fare il contratto ti chiedono il passaporto e mille altri documenti, compreso un numero di telefono francese. In ogni caso, rispetto al passato ho fatto passi da gigante (è un po’ caro, ma almeno funziona!).

Il clima: ci vuole coraggio

Adattarsi al clima normanno è una vera e propria arte. Ci vuole abilità e coraggio per uscire al mattino con il sole d’agosto, dopo mezz’ora affrontare la pioggia di novembre e rientrare la sera avvolti da un venticello primaverile. Qui ci sono abituati. E io mi sono abituata a vedere i miei amici camminare sotto la pioggia senza ombrello, andare a comprare la baguette in pieno inverno senza cappotto, o raccogliere vongole e telline (la famosa pêche à pied) a piedi nudi nell’acqua gelida di marzo.

Credo che il loro segreto sia il movimento. A giudicare dalle persone che ho conosciuto, non credo che esista un solo normanno/a che non faccia una regolare attività fisica, che non faccia almeno 2/3 sport, una passeggiata, una balade, in un bosco, un giro in bici, in canoa o a cavallo. Anziani compresi! I più pigri passano ore a pescare sul fiume o a giocare a bocce (les pétanques qui vanno alla grande, in tv c’è un canale che trasmette le gare a ogni ora del giorno e della notte).

Le rotonde: un antistress

In Normandia le strade sono perfette, sia in campagna sia nei centri urbani. La manutenzione è costante e vedi sempre degli omini arancioni intenti a rifare il manto stradale, tagliare alberi, ridipingere le strisce, sostituire i cartelli stradali.

In tutta la Normandia vivono solo tre milioni e mezzo di persone. Il che significa che puoi anche non incontrare nessuno per ore. E poi ci sono le rotonde. Una marea di rotonde. Sono comodissime, perché basta lasciarsi guidare dalle indicazioni (puntuali e precise): facilissimo anche per me che non ho il senso dell’orientamento. Il problema è la precedenza. Se per caso ti immetti in una rotonda e non fai prima passare chi si è già immesso nella rotonda, sei un uomo morto. Cominciano a suonare rabbiosamente il clackson (usanza qui sconosciuta ai più) e a lanciarti sguardi assassini. Fa molta paura. Ma è bellissimo: la rotonda è un antistress. Devi solo ricordarti di passare solo quando non c’è più nessuno, ma proprio nessuno, all’orizzonte.

Le 5 cose che ho imparato

Insomma, riassumendo, ecco le 5 cose che ho imparato da questa complicata ma esaltante esperienza:

  1. se hai un obiettivo, non devi mai perderlo di vista
  2. bisogna sempre adattarsi alla realtà (vedi l’esempio delle tarme)
  3. se ti arrendi, sei finito (se un problema non lo risolvi oggi, lo risolverai domani)
  4. chiedi aiuto (a volte è faticoso, ma si possono avere piacevoli e inaspettate sorprese)
  5. metti via le tue paure e i tuoi dubbi: agisci!

Alla prossima!