Addio a Elisabetta, ‘the Queen, Our Duke’

Sapevate che Elisabetta II, oltre che regina d’Inghilterra, era anche duchessa di Normandia? Anzi duca, al maschile. È una lunga storia che vale la pena raccontare…

Tra i 130 milioni di sudditi di Sua Maestà che l’8 settembre scorso sono rimasti orfani della loro amata Regina, ci sono anche molti normanni.

Dal 2 giugno 1952, giorno della sua incoronazione, per gli abitanti delle isole franco-inglesi nel Canale della Manica lei è sempre stata “il duca”, al maschile.

Perche’ duca e non duchessa?

Il ritratto, senza corona, di Elisabetta “duke of Normandy”, nel palazzo dell’Assemblea di Jersey.

Nonostante facciano parte della Normandia, Jersey, Guernsey, Alderney, Sark, Herm, Jethou, Brechou e Lihou sono sotto la corona britannica. Da mille anni sono infatti governate dai re e dalle regine inglesi.

Bandiere a mezz’asta a Jersey per la morte di “the Queen, our duke”.

Ma perché “Duke of Normandy” e non “Duchess”? La spiegazione è semplice: nella gerarchia degli appellativi reali, “Duke” è più forte di “Duchess” e niente può essere più forte di un monarca; quindi, lui o lei, indipendentemente dal sesso, deve rimanere il più forte. Ecco perché il nome resta al maschile.

Se Lilibeth era “Duca di Normandia”, era però “Duchessa di Edimburgo”. Come mai, vi chiederete? Perché era moglie del Duca di Edimburgo, il Principe Filippo, il suo adorato consorte morto l’anno scorso.

Comunque, ora tutta questa strana gestione dei titoli è finita: con Carlo III la regalità torna a essere maschile.

Lilibeth e la Normandia: un grande amore

Ieri, mentre aspettavo di ascoltare il primo discorso del nuovo re d’Inghilterra Carlo III, ho indagato un po’ e ho scoperto che anche la mia regale omonima aveva un rapporto particolare con la Normandia.

Basti dire che Elisabetta è stata incoronata nello stesso luogo, l’Abbazia di Westminster a Londra, dove furono incoronati i suoi avi Guglielmo il Conquistatore (primo re normanno d’Inghilterra) e Riccardo Cuor di Leone.

Ma non è solo per questo che Lilibeth amava questa terra.

Ecco alcune delle sue visite, ufficiali e non, rimaste nella storia.

Rouen, 1972

La Regina Elisabetta e il Principe Filippo lasciano Rouen a bordo dello yacht Britannia il 19 maggio 1972 • © Agence France Presse

Siamo nel maggio 1972 e la regina e suo marito Filippo stanno completando il loro viaggio ufficiale in Francia. Arrivano in treno alla stazione di Rouen da Parigi.

Per gli abitanti della cittadina normanna è un giorno quasi festivo. Molti dipendenti vengono autorizzati a partire per partecipare a questo evento e agli studenti viene concesso di non andare a scuola. Rouen viene invasa dalle bandiere e decorata con fiori.

La coppia (entrambi parlavano perfettamente il francese) fa prima un passaggio davanti alla cattedrale, poi si reca davanti al monumento di Giovanna d’Arco in Place du Vieux-Marché. Un momento importante: la Regina omaggiava l’eroina torturata dagli inglesi.

Elisabetta e Filippo vengono quindi portati sulla riva sinistra del cimitero militare nel distretto di Saint-Sever, dove dalla Prima guerra mondiale sono sepolti migliaia di soldati del Commonwealth.

Lilibeth e il Principe torneranno nel loro regno a bordo dello yacht Britannia, che consideravano la loro residenza preferita, in un’atmosfera degna dell’Armada.
Salperanno salutati dall’ovazione dei tanti normanni presenti (e ci sarà anche un uomo che fuggendo ai controlli cercherà di salire a bordo).

Deauville, 1967

La Regina Elisabetta arriva a Deauville, 1967.

La passione sfrenata per i cavalli e per le corse porterà molte volte sua Maestà in Normandia. È il 29 maggio 1967 quando Elisabetta arriva all’aeroporto di Deauville-Saint-Gatien per visitare le migliori fattorie e allevamenti di cavalli della regione francese.

Il Libro d’Oro di Deauville firmato dalla Regina Elisabetta nel 1967..

La sovrana ne approfitta per visitare i famosi allevamenti (haras) normanni. Per tre giorni si stabilisce nel castello di Sassy, ​​tra Argentan e Alençon. Attraversa la campagna dell’Orne e visita in particolare l’Haras du Pin.

Vent’anni dopo, nel 1987, la Regina amazzone tornerà dai suoi adorati purosangue, accogliendo l’invito dell’allenatore Alec Head, proprietario dell’Haras du Quesnay, nei pressi di Deauville. Incontrerà anche Philippe Augier, allora amministratore delegato dell’agenzia francese di vendita di purosangue.

Elisabetta II nell’allevamento di Quesnay nel 1987 (archivio Ouest France)

In quella occasione, la Regina approfitta per fare un salto nell’elegante cittadina costiera, dove verrà eccezionalmente autorizzata ad attraversare a bordo della sua Rolls Royce le celebri Planches di Deauville.

La Regina Elisabetta nella sua Rolls Royce sulla spiaggia di Deauville.

Veterana della Seconda Guerra Mondiale

La Regina Elisabetta era una veterana della Seconda guerra mondiale: era stata assistente di ambulanza per l’esercito britannico. E’ stata l’ultima sovrana europea ad aver vissuto i bombardamenti su Londra, nel 1940, e all’epoca dello sbarco degli alleati aveva 18 anni.

Dal canto suo, Filippo era il nipote di Louis Mountbatten, capo del quartier generale dell’Operazione Jubilee, lo sbarco canadese a Dieppe nel 1942.

Non sorprende quindi che durante il suo lungo regno abbia partecipato regolarmente alle commemorazioni del D-Day.
Come nel 1984, quando al fianco di Ronald Reagan e François Mitterrand si reca a Utah Beach e ad Arromanches per salutare e ringraziare i veterani britannici.

Nel 1994, per il 50.mo anniversario dello sbarco, visita il cimitero americano di Colleville-sur-Mer e Omaha Beach al fianco di Bill Clinton.

La Regina Elisabetta alla commemorazione del D-Day il 6 giugno 1994.

Nel 2004 torna ad Arromanches con Jacques Chirac, George Bush e Vladimir Putin.

Elisabetta con Bush, Chirac e Putin ad Arromanches nel 2004.
La Regina Elisabetta con Jacques Chirac nel 2004.


Quella volta Lilibeth cerca anche di ritagliarsi un momento privato: viene “beccata” a Honfleur, gioiellino sulla costa del Calvados, mentre entra in uno dei tanti ristoranti che si affacciano sul vecchio porto. La voce dell’arrivo della sovrana si è sparsa a macchia d’olio: giornalisti, telecamere e turisti si accalcano davanti al ristorante. Lei entra senza fermarsi. La vera notizia è che non indossa uno dei suoi iconici cappelli.

Esce poco dopo, ma non si ferma a salutare i tanti fan, soprattutto inglesi, che nel frattempo la attendono per vederla da vicino e immortalare l’evento.  Nessuno però gliene farà una colpa. Anche una Regina ogni tanto ha diritto a mangiarsi una cosa in santa pace….

Il suo ultimo viaggio in Normandia

Il suo ultimo viaggio ufficiale in Normandia risale al giugno 2014, per il 70.mo anniversario del D-Day. La regina, all’epoca 88enne, accompagnata da Carlo e Camilla e dal presidente François Hollande, si troverà al fianco dei leader mondiali, tra i quali Barack Obama, Vladimir Putin, Giorgio Napolitano e Angela Merkel.

La Regina Elisabetta nel suo ultimo viaggio in Normandia per le celebrazioni del D-Day, 2014.

L’8 settembre 2022 l’iconica e inimitabile Queen Elizabeth II ci ha lasciati. La monarchia regge (per ora), ma una cosa è certa: nessuno altro re o regina sarà come lei, “Our Queen, Our Duke”.

Alla prossima!

Bellême, mille anni di storia e tradizioni

Bellême ha mille anni di storia e tradizioni. Si trova nel Perche, terra di manieri solitari e abbazie sperdute nella campagna, tra boschi, colline e alberi centenari. Un territorio quasi interamente parco protetto, raffinato concentrato di natura e bellezza.

Mille anni di storia

La storia di Bellême inizia a metà del X secolo quando un nobile normanno, Ivo di Creil (940 circa – 1005), riceve dal sovrano carolingio Luigi IV di Outremer l’ordine di difendere un crocevia di due strade, una proveniente da Chartres, l’altra da Evreux ed entrambi diretti a Le Mans. È sotto il regno di Ivo che viene costruito un castello sulle alture di uno sperone calcareo (situato a poche decine di metri dall’attuale parco di Vigan) e che il villaggio comincia a popolarsi.

Ma a rendere famosa Bellême sono i suoi eredi, che estendono il nome ai confini dell’Orne: il loro territorio si estende per 120 chilometri e arriva fino a Sées e Domfront.

La caduta della dinastia

Totale cambio di rotta nel XII secolo, quando uno dei suoi discendenti, Robert de Bellême, vede le sue terre confiscate dal re di Francia Luigi VI detto il Grosso. Il monarca francese si mette d’accordo con il re d’Inghilterra Henri Beauclerc per donarlo a Rotrou III, conte di Nogent e Mortagne-au-Perche.
È la caduta della dinastia dei Bellême.

Il Perche diventa quindi una contea e “non solo una foresta”, come era chiamata fino ad allora. Grazie alla sua imponente fortezza, la città riesce comunque a mantenere una posizione strategica. Sarà infatti considerata la capitale del Perche fino al XVI secolo, quando cederà il posto a Mortagne.

Tra mercatini, profumi e sale da the’

L’ocra, il rosa e le tinte pastello caratterizzano questa cittadina medievale ricca di sorprese, con le sue facciate multicolore e i numerosi hôtels particuliers del XVII, XVIII e XIX secolo. Paradiso degli amanti dei mercatini dell’usato, d’arte, arredamento e antiquariato, è anche un’irrinunciabile tappa gastronomica, con le sue sale da thè, cioccolaterie e boulangeries.

Le Comptoir du Porche, in rue du Chateau.

Alcune boutique hanno al loro interno dei giardini dove, dopo lo shopping, si può fare una piacevole pausa sorseggiando un thè.

Curiosando in uno dei tanti negozietti dell’usato, ho scovato anche un vecchio disco di Milva!

Il nome di questa bigiotteria, “de bons présages”, è tutto un programma… Qui si trovano pezzi unici realizzati da artigiani del luogo e a tutti i prezzi.

Bellême, lambita da una splendida foresta demaniale di 2.400 ettari, la famosa Foresta di Bellême, è anche il regno dei profumi e dei saponi naturali. Non è facile resistere alla tentazione di entrare in una delle tante boutique del centro storico e acquistare qualche prodotto per la cura del viso o del corpo, tutti provenienti dalla regione e rigorosamente privi di sostanze chimiche.

La Savonnerie de la Chapelle

Anche i vestiti rispettano la regola: ad esempio, nella boutique Les Sabots d’Albe, in Place de la Republique, si trovano capi d’abbigliamento realizzati esclusivamente con materiali naturali: lana, cotone, seta e cachemire. Per chi volesse passare una notte nel cuore del paese, al primo piano c’è anche una chambre dhôtes.

A Bellême sono belli anche i negozi di pompe funebri, non trovate?

L’Eglise Saint-Saveur

La chiesa di Saint-Sauveur risale al XVII secolo ed è l’unico edificio religioso rimasto intatto. Tutti gli altri, tranne la cappella dell’antico castello, sono andati distrutti. Una delle otto cappelle laterali fu decorata da Aristide Boucicaut, del “Bon Marché” di Parigi, nato a Bellême nel 1810 e inventore del commercio moderno.

Aristide Boucicaut

La chiesa, 40 metri di lunghezza e 18 di larghezza, è stata interamente restaurata nel 1881 per iniziativa dell’abate Louis Triboté, parroco di Bellême. La volta, realizzata secondo lo stile normanno percheron, risale al 1650.

Il magnifico tetto a cupola della chiesa di Saint-Saveur
Una delle tre lanterne poste sul tetto della chiesa

A Bellême il tempo si è fermato. Pensate che fin dal Medioevo ogni giovedì vicino alla chiesa di Saint-Sauveur si tiene un mercato. In passato venivano venduti una grande quantità di prodotti agricoli (grano, uova, pollame e tessuti di canapa) come testimoniano i nomi di alcune strade o piazze come rue aux Gélines, Coquetière o place au Blé.

Oggi Bellême è una tranquilla cittadina di provincia di circa 1.600 abitanti, che vive al ritmo del suo mercato e dei fine settimana, dove la popolazione locale e i proprietari di residenze secondarie si riversano per fare la spesa.

Alla prossima!

Nel Castello di Guglielmo il Conquistatore

Qualche giorno fa ho visitato il Castello di Guglielmo il Conquistatore a Falaise, in Calvados. Una delle rare testimonianze del potere e dell’architettura anglo-normanni. Non è un caso, infatti, che sia uno dei monumenti preferiti dai francesi. Talmente bello e ben organizzato che ci ho passato più di due ore. Mi ha letteralmente conquistata e vi spiego perché…

I primi passi di Guglielmo il Conquistatore

Ad accogliermi è il busto di Guillaume le Conquérant. Ho subito immaginato il quindicenne Guglielmo, allora già duca di Normandia, muovere proprio qui i primi passi della straordinaria ascesa militare che nel 1066 lo porterà a conquistare il trono d’Inghilterra.

Guglielmo il Conquistatore, pronipote del vichingo Rollo, nasce a Falaise nel 1028

Quando Guglielmo viene alla luce, nel 1028, il castello esiste da un anno e non ha ancora l’aspetto che conosciamo oggi. Sarà il suo quarto figlio, Enrico I d’Inghilterra, ad intraprendere grandi opere per ricostruirlo. Lo farà secondo i criteri architettonici messi in pratica da suo padre in Inghilterra dopo la Conquista del 1066.

Ma il potere normanno faceva gola a molti. Nel XII secolo il re di Francia Philippe-Auguste, il cui regno è più piccolo di quello dei normanni, affronta Riccardo Cuor di Leone e Giovanni senza terra. E’ allora che la Normandia diventa francese, mettendo la parola fine alla saga dei duchi normanni. Per farsi amare dal popolo, però, Philippe-Auguste fa costruire nuove torri.

Nel corso della storia la fortificazione sarà pesantemente danneggiata dalla guerra dei Cent’anni, dalle guerre di religione guidate da Enrico IV, re di Francia e, naturalmente dalla Seconda Guerra Mondiale, che tra l’altro distrusse l’80% di Falaise.

Faccia a faccia con la storia

Una volta entrati nel Castello, i visitatori vengono catapultati in un’atmosfera molto particolare. Il percorso è studiato con attenzione: si viene portati per mano lungo secoli di guerre, matrimoni, alleanze. Non solo: i protagonisti di questa saga si raccontano in prima persona: le loro vite e le loro gesta vengono narrate da attori che appaiono in 3D sui muri del castello.

Gli interni riprendono vita sui tablet

Il Castello di Guglielmo il Conquistatore è il regno della multimedialità: all’inizio della visita ti viene fornito un tablet che mostra in realtà aumentata i suoi interni durante il Medioevo. Una ricostruzione molto dettagliata e di grande effetto, costata due anni di lavoro e di complesse ricerche d’archivio.

Il Grande Torrione

Arrivo nella prima sala, l’Aula, che si trova nel Grande Torrione, costruito verso il 1120: uno spazio pubblico dove il re-duca riceveva le sollecitazioni, ma che veniva anche utilizzato anche per feste e banchetti.

L’Aula, all’entrata nel Grande Torrione

Il Piccolo Torrione

Attraversando una porta in fondo all’Aula giungo al Piccolo Torrione, costruito nella seconda metà del XII secolo, durante il regno di Enrico II Il Plantageneto e di sua moglie Eleonora d’Aquitania. La stanza è elegante e luminosa. Le due finestre furono rimaneggiate nel XV secolo, durante la Guerra dei Cent’Anni. A colpirmi è un bellissimo e grande caminetto, costruito in mattoni a spina di pesce (probabilmente originale), che rende tutto l’ambiente particolarmente confortevole.

La Torre Talbot

A sinistra del caminetto del Piccolo Torrione c’è un passaggio attraverso cui arrivo al terzo e ultimo torrione: la Torre Talbot. A farla costruire è il re di Francia Filippo-Augusto, che dopo la conquista della Normandia nel 1204 fa realizzare numerose opere di questo tipo come simbolo del nuovo potere. A differenza dai castelli anglo-normanni, infatti, la Torre Talbot è ideata per la difesa e la protezione. Fatta per resistere, ha mura molto spesse e un pozzo interno che garantiva l’acqua potabile in caso di assedio.

Scendo dalla scala della Torre Talbot e arrivo a una piccola terrazza…

Tornata nel Grande Torrione, scopro la Camera, ovvero la parte dedicata alla vita privata del castello. Uno spazio per i pasti, per dormire, dove viveva la famiglia del signore e i suoi collaboratori più stretti. Così come la Cappella, riservata al re-duca e alla sua corte.

Nelle Sale Basse venivano conservate le munizioni, la legna e il cibo, e la cisterna, che recuperava l’acqua piovana per spegnere gli incendi e togliere il sale agli alimenti (messi sotto sale per conservarsi). Insomma, nulla era lasciato al caso!

La vista su Falaise

Lo confesso, questo castello mi ha fatto innamorare. La vista su Falaise, poi, è qualcosa di unico.

Falaise vista dal Castello

La bandiera normanna

Ovviamente sul Castello di Guglielmo il Conquistatore svetta la bandiera normanna, che ha due leopardi d’oro su sfondo rosso. I due animali rappresenterebbero i due fratelli Rollo (capostipite della casata) e Gurim. Secondo un’altra interpretazione, Guglielmo avrebbe scelto i due leopardi per indicare il suo essere bastardo (nacque da una relazione extraconiugale tra Roberto I il Magnifico e Arlette, una giovane contadina normanna).

La bandiera normanna
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Il giardino dei 5 sensi

Ma le sorprese non finiscono qui. Dopo tanta storia, un po’ di relax. Mi vado a sedere all’ombra di una grande quercia per ripararmi dal sole cocente, cercando di immaginare la vita della gente comune durante quei secoli di guerre e conquiste. Il mio pensiero va inevitabilmente alle guerre di oggi. E al fatto che, purtroppo, c’è ancora qualcuno rimasto al Medioevo…

Quindi mi alzo e mi incammino verso una piccola oasi di verde. E così scopro il “Giardino dei 5 sensi”. Come spiega un cartello all’entrata, lo scopo era quello di stimolare la vista, il tatto, l’olfatto, l’odorato e il gusto. Un giardino che “ha ispirato molti romanzi e canzoni del Medioevo”, un quadro propizio all’amore e al corteggiamento dei cavalieri per le loro dame. I profumi e i colori mi avvolgono in questo momento perfetto.

Non mancano le erbe medicinali e un piccolo orto (un po’ secco vista la siccità di questi mesi). Ma soprattutto “La teoria degli umori”. Durante il Medioevo si pensava infatti che la salute dell’anima e del corpo risiedesse nell’equilibrio degli umori: sangue, muco, bile gialla e bile nera. La malattia derivava dallo squilibrio di questi umori. Una teoria semplice e piena di antica saggezza che forse varrebbe la pena rivalutare!

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Nella mia mente infuriano le immagini di Guglielmo e della sua amata moglie Matilde, dei campi di battaglia, delle teste coronate e delle famiglie dei contadini che mettevano la propria vita nelle loro mani, del sangue versato per la sete di conquista e per proteggere il proprio regno, degli amori segreti tra cavalieri e dame.

Lascio questo luogo magico con rinnovata energia e un pizzico di saggezza in più.

Alla prossima!

P.S. Per tutti gli amanti del mondo medievale, il Castello di Guglielmo il Conquistatore organizza ogni anno moltissime iniziative per grandi e piccini, con spettacoli, mercati, rievocazioni, feste, concerti, sfilate in costume, giochi pirotecnici, che si svolgono all’interno e fuori dal Castello. Ecco il programma 2022 de “Les médiévales de Falaise”, che quest’anno compie 20 anni.

Ricaricarsi a Saint Malo (2°parte)

Sulle tracce dei pirati

Prima di vedere Saint Malo non avevo idea che quello del pirata fosse un mestiere di tutto rispetto, con regole ben precise. Ma ne ho scoperto delle belle…

Nelle 48 ore passate nella cittadina bretone mi si è aperto un mondo, grazie soprattutto a René Dugyay-Trouin, uno dei più noti pirati francesi, alla Demeure du Corsaire e alla Maison du Quebec.

Rene’, il super pirata

Il pirata René Dugyay-Trouin, nato a Saint-Malo nel 1673

Ho scoperto la statua di René Dugyay-Trouin passeggiando sulle mura di Saint-Malo, vicino al Quai Saint-Louis. Questo famoso pirata francese è un personaggio davvero unico: a soli 21 anni comanda un bastimento con 40 cannoni e nella sua carriera cattura oltre 300 navi mercantili e 16 navi da guerra. Luigi XV lo nominerà luogotenente generale delle armate navali.

La Demeure du Corsaire

La Demeure du Corsaire a Saint Malo

Ma il vero regalo che Saint Malo mi ha fatto è stata La Demeure du Corsaire, una lussuosa residenza costruita nel 1725 da François Auguste Magon de la Lande, armatore e pirata del Re. Un monumento storico in pieno centro che ospita l’Hotel Magon, 59 camere arredate in stile XVIII secolo.

Le regole dei pirati

Un po’ di storia: durante il XVII secolo Saint-Malo si arricchisce notevolmente grazie alle ricchezze riportate dagli attacchi dei pirati del re alle navi inglesi, da Terranova e dalle Indie. Profitti che permettono agli armatori di costruire sontuosi palazzi e numerose malouinières, residenze di villeggiatura privilegiate degli armatori, ancora oggi apprezzati gioielli architettonici.

Una visita guidata della Demeure du Corsaire vale davvero la pena. Prima di tutto scopro che i capitani delle navi pirata erano giovanissimi, avevano sì e no 20 anni. Questo perché a quell’età erano più temerari e coraggiosi. Invece i “capitaines de commerce“, ovvero i rappresentanti degli armatori, responsabili delle navi, del carico e dei passeggeri (in poche parole, si occupavano delle scartoffie burocratiche) erano un po’ più maturi: 35 anni.

Mi sarei aspettata tutto tranne che i pirati avessero delle regole. Ne volete conoscere qualcuna? Innanzitutto, prima di salire sulla nave ogni pirata veniva puntualmente registrato: i clandestini non erano ammessi. Nelle famose casse che siamo abituati a vedere nei film non c’erano gioielli o denaro, ma i documenti di ogni passeggero e le carte di navigazione.

Nulla era lasciato al caso

Nulla era lasciato al caso. Il bottino proveniente dalle navi inglesi era rigorosamente diviso così: il 20% al Re, il 30% all’armatore e il 30% ai pirati.

Inoltre, quando la bandiera inglese cadeva, l’assalto era considerato finito. Chi continuava a combattere veniva impiccato, peggio per lui se non se ne accorgeva.

Ma chi controllava? Semplice: ogni nave aveva un inviato del re che registrava gli assalti e annotava l’ora precisa in cui la bandiera inglese cadeva. Se l’inviato moriva, tutto il guadagno andava al re, quindi l’intera ciurma gli faceva da “bodyguard”, nel comune interesse. Non è geniale?

Un assalto poteva durare anche due giorni, per evitare di rovinare la nave: il guadagno dipendeva dallo stato in cui veniva riportata. In caso di affondamento, nessun guadagno.

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La Maison du Quebec

Saint Malo, terra di pirati e navigatori. Eh sì perché è proprio qui che nasce (e muore) Jacques Cartier, il Cristoforo Colombo francese (1491-1557).

Tutto parte nel 1534, quando il re di Francia Francesco I lo incarica di guidare due navi dirette in Labrador, per scoprire un passaggio a ovest che conduca in Asia e per colonizzare nuove terre. Il 20 aprile 1534 Cartier salpa da Saint Malo e in venti giorni raggiunge la costa orientale dell’isola di Terranova. Non c’è quindi da stupirsi del fatto che sui bastioni della città si trovi La Maison du Quebec. Istituita nel 1984 come simbolo di amicizia tra i due paesi, ogni estate apre le porte a turisti e visitatori offrendo attività culturali e artistiche.

E per finire, a zonzo per Saint Malo

Dopo questa total immersion nel mondo delle conquiste e delle scoperte di nuovi mondi, esco dall’ Intra-Muros e mi dirigo verso la plage des Bas Sablons, per approfittare del sole ancora alto e della piacevole temperatura estiva. Mentre passeggio, per puro caso mi trovo davanti alla casa più antica di Saint Malo.

La Maison de la Houssaye è comunemente chiamata Maison de la Duchesse Anne: secondo la tradizione ci avrebbe soggiornato Anna di Bretagna. Citata nei racconti della città fin dalla fine del XV secolo, è miracolosamente sopravvissuta ai bombardamenti del 1944 per liberare Saint Malo.

La Maison de la Duchesse Anne, la casa più antica di Saint Malo

Raggiungo quindi il porto des Sablons, tra ristorantini, bistrot e creperie sul mare, per assorbire anch’io un po’ di quella inconfondibile joie de vivre francese che qui sembra avere la meglio su tutto.

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Alla prossima!

Ricaricarsi a Saint Malo

Ricaricarsi a Saint Malo, in Bretagna. Era tanto tempo che volevo conoscere la città dei navigatori e dei pirati affacciata sul Canale della Manica che ogni anno conquista e affascina due milioni di turisti. Un luogo che trasuda storia, arte e leggende, natura e umanità. Ecco cosa ho scoperto in 48 ore…

Monseigneur Duchesne

La prima cosa che ho capito appena arrivata è la difficoltà di parcheggiare. Ho prenotato due notti in una camera con Airbnb, nel quartiere di Saint Servan, venti minuti a piedi dal centro storico (“Intra-muros“). Ma nei due parcheggi vicini al bnb, neanche l’ombra di un posto. Alla fine riesco a trovarne uno in un terzo parcheggio che dà sul port des Sablons, piccola insenatura che protegge la plage des Bas Sablons, un angolo di pace da cui si può ammirare in lontananza la vecchia Saint Malo. Come dicono qui in Francia, “c’est parti!”.

LA PRIMA SORPRESA

arriva mentre cammino in cerca del mio bnb. Sto attraversando una piazza quando alzo gli occhi e leggo: “Place Monséigneur Duchesne, Académicien Directeur de l’Ecole Française de Rome”. Come dire, Roma mi perseguita anche qui in Bretagna…..

La Tour Solador

LA SECONDA SORPRESA

segue di pochi minuti. La Tour Solador è una torre medievale che troneggia sul porto e sulla plage des Bas Sablons, proprio di fronte a una serie di ristorantini, bistrot e creperie pieni di gente che beve birra e mangia crepes godendosi il sole. Composta da tre torri alte 18 metri, questa bellissima fortificazione fu costruita da Giovanni V, duca di Bretagna, per controllare l’accesso al fiume Rance quando Saint-Malo non riconosceva la sua autorità. Durante la Rivoluzione Francese fu trasformata in una prigione.

La Tour Solador

Ai piedi della torre c’è una croce: è stata eretta nel 1985 sulla roccia dalla quale Jacques Cartier salpò per un lungo viaggio che lo portò a scoprire il Canada, nel 1534. Ma del Cristoforo Colombo francese vi parlerò nel prossimo post.

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Il fascino senza tempo del lungomare

Lascio i bagagli in camera ed esco. Ci saranno 22 gradi, le nuvole si alternano al sole in questo angolo di mondo che avevo tanta voglia di conoscere. Passeggiare in questa sorta di anfiteatro che costeggia il mare dà un senso di vera libertà.

La plage des Bas Sablons

Quando arrivo alla diga di 750 metri costruita per proteggere il porto, mi trovo di fronte la città corsara che sto finalmente per scoprire.

La vista di Saint Malos dal porto

“Pirati dei Caraibi style”

Appena fuori dalle imponenti mura che circondano Saint Malo, vengo accolta da queste due antiche navi. Mi sembra quasi di intravedere Johnny Depp/Jack Sparrow sul ponte!

Nonostante la presenza di una quantità eccessiva, per i miei gusti, di turisti, Saint Malo è stata senza alcun dubbio all’altezza delle mie aspettative. Ad impressionarmi sono subito i due km di mura di granito innalzati per proteggere la città nel XII secolo, ben prima dell’epoca dei corsari del re. Dopo un grande incendio nel 1661, la muraglia è stata completamente ricostruita, per essere poi ampliata nel XVIII secolo dall’ingegnere-architetto militare Siméon Garangeau, discepolo di Vauban, cui si deve anche il Fort National .
La fortificazione ha otto porte e tre bastioni.

Inutile dire che appena varcata la soglia della città, l’unica cosa che voglio fare è tuffarmi nei vicoli e vicoletti di questo gioiello bretone.

Il Fort National, raggiungibile a piedi con la bassa marea.

La migliore crepe della mia vita

E poi arriva LA TERZA SORPRESA:

la migliore crepe della mia vita. Di creperie a Saint Malo ce ne sono a decine, tutte prese d’assalto in questa stagione. Per cui questa mi attira subito per la sua posizione tranquilla e appartata.

Le Grain Noir,  Rue de la Herse 14

Ha pochissimi tavoli, quindi devo aspettare un po’. Ma ne vale davvero la pena! Lo chef (che poi mi dirà essere originario di Nanterre) mi propone la “crepe du jour”, che non è neanche nel menu visto che se l’è inventata sul momento: uovo, feta lavorata, zucchine, melanzane, cipollina fresca ed erbe varie. Una vera delizia per il palato e per il cuore. Il tutto accompagnato da una bolée di sidro, anche quello bio. Cosa c’è di meglio per ricaricarsi????

La cosa divertente è che dopo averla divorata, mentre bevo un café allongé (caffè lungo) lo chef mi chiede se posso far accomodare accanto a me una coppia che sta aspettando che si liberi un tavolo. Ovviamente accetto, e faccio bene: lui è di Saint Malo e suo nonno era di Genova. Mi dice di essere stato a Roma solo una volta, 50 anni fa, e poi mi racconta tutta la storia di Saint Malo. Una meraviglia.

La cattedrale di Saint Vincent

Genova torna pochi minuti dopo. Sì perché a Saint Vincent, spettacolare cattedrale romanica-gotica dedicata a San Vincenzo di Saragoza, sono conservate tre statue realizzate dall’artista genovese Francesco Maria Schiaffino. A questo gigante della scultura barocca dell’epoca, furono commissionate le statue della Fede, di San Benedetto e di San Mauro. Curiosità: Schiaffino era talmente famoso che per questo lavoro gli fu anticipata la somma di 9.000 libbre (l’equivalente di 130.000 euro).

La cattedrale di Saint Vincent

Proprio quest’anno si celebrano i 50 anni della “rinascita” della cattedrale. Esattamente mezzo secolo fa, infatti, sono finiti i lavori di restauro iniziati subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Continuo a camminare senza una mèta precisa. L'”entre-murs” è vietata alle automobili (che bellezza!), ma di biciclette ce ne sono parecchie (se non vuoi andare a piedi puoi affittarle facilmente). Ad un tratto vedo una ragazza in bici e, senza farmi accorgere, la seguo con la macchina fotografica. Guardate la sequenza…

C’E’ ANCHE HARRY POTTER

A Saint Malo c’è anche la magia di Harry Potter. Al maghetto di Hogwarts è dedicato un negozietto adorabile di fronte al quale vedo una lunga fila di bambini in attesa di entrare per scoprire il fantastico e amatissimo mondo nato dalla fantasia di J. K. Rowling.

Non sono entrata, ma sono rimasta letteralmente ipnotizzata da queste tre ragazzine bionde pettinate allo stesso modo, i capelli raccolti in una treccia, accompagnate dalla mamma, anche lei con l’immancabile maglie a righe bretone.

Per sapere il resto (ho anche visitato la “Casa del pirata”, etc.) dovrete aspettate il prossimo post. A presto!