Rinnovare la cucina con i bancali

Rinnovare la cucina (quasi gratis) con i bancali, ecologici ed economici. In questo post vi racconto come ci sono riuscita.

Viva il riciclo

Con l’aiuto di mio fratello, bricoleur, esperto in riciclaggio di vecchi materiali e inesauribile creativo, abbiamo sostituito l’orrenda formica bianca dei mobili con delle belle assi di legno ricavate da alcuni bancali che ci siamo procurati in una cooperativa agricola a pochi metri da casa.

Prima di cominciare abbiamo studiato alcune ipotesi, basandoci sulla sua esperienza e sulle decine di foto che avevo trovato su Pinterest, immenso archivio ricco di idee e immagini cui ispirarsi. Appena arrivati, abbiamo passato due giorni a prendere le misure e a fare progetti per trovare la soluzione migliore. Poi siamo passati all’azione: mio fratello ha smontato le assi di legno dai bancali, tolto i chiodi, scelto quelle migliori per l’assemblaggio; le ha piallate, tagliate a misura, le ha unite e infine le ha avvitate ai mobili già esistenti con delle cerniere. Abbiamo aggiunto delle maniglie molto carine comprate da Leroy Merlin e… voilà.

Cambiare idea è un’ottima idea

Inizialmente l’idea era quella di dipingere le assi in colori diversi, dall’azzurro al verde, grigio scuro, bianco… ma poi alla fine il risultato ci è piaciuto talmente tanto che abbiamo deciso di lasciarle naturali, aggiungendo qua e là qualche pezzetto di legno colorato rimasto per dare un tocco originale e ironico al tutto (sua idea). Non è fantastico?

Nel frattempo, io mi sono dedicata a dipingere le nuove finestre. Questo è il colore che ho scelto.

E poi è arrivata la neve…

Mentre mio fratello era totalmente assorbito dalla cucina e io stavo finendo di dipingere le finestre, è arrivata la neve! Il primo Aprile!!!! Uno spettacolo…

In tali condizioni non potevamo certo rinunciare a una bella tazza di cioccolato con panna…

E pensare che solo una settimana prima eravamo in una Parigi quasi estiva, dove abbiamo trascorso qualche ora prima di prendere il treno per la Normandia.



Restyling con un occhio alla bolletta

Abbiamo anche sostituito il vecchio piano cottura elettrico (fornelli arrugginiti e ad altissimo consumo) con una plaque à induction di Ikea (la più economica che abbiamo trovato, ma funziona alla grande). Nonché il piano di lavoro, di un bel grigio antracite, preso da Leroy Merlin e doverosamente tagliato a misura dal prode fratellone.

Un tour de force

Comunque, per due settimane le nostre giornate sono cominciate alle 8 del mattino e finite alle 8 di sera. Tra bancali, seghe, pialle, viti, cerniere, pennelli e vernice non ci siamo mai fermati, tranne brevi pause all’ora di pranzo.
È stato faticoso (la lingua non aiuta, era un continuo “come si dice cerniera etc. in francese?”), ma bellissimo. Non ringrazierò mai abbastanza mio fratello per il grande lavoro che ha fatto.


Se anche voi volete rinnovare la vostra casa spendendo pochissimo, usate i bancali ! Ne avevo già usati due per costruire un divano (semplicissimo, ve lo garantisco). Su YouTube e su Pinterest circolano migliaia di tutorial e di foto per imparare a riciclarli.
Con pochi euro e un po’ di impegno si ottengono risultati assolutamente sorprendenti.

Alla prossima!

In Normandia la capitale del Grand Marnier

Il Calvados è un alcool potente, profondo e ingiustamente ignorato.

Michel Houellebecq

Questa citazione di Michel Houellebecq descrive perfettamente il Calvados, l’acquavite a base di sidro di mele prodotta in Normandia fin dal XVI secolo. Ma forse non tutti sanno che in questa regione c’è anche la capitale del Grand Marnier, liquore simbolo della Belle Epoque e tra i più noti superalcolici francesi.

Aubevoye, Normandia

Aubevoye

Sto parlando di Aubevoye, piccolo comune di poco più di quattro mila abitanti nell’Eure.
Ebbene, dalla fabbrica di 21 mila metri quadrati che produce questo celebre liquore a base di cognac aromatizzato all’arancia e sciroppo di zucchero, entro la fine dell’anno usciranno ben 14 milioni e mezzo di bottiglie. Negli anni precedenti la produzione era di circa 11 milioni di bottiglie. Un aumento dovuto alla ripresa delle attività a livello mondiale, in particolare negli Stati Uniti.

Tutto merito di uno chef

Ma come nasce il Grand Marnier? A crearlo, nel 1880 a Neauphle-le-Château, è stato Louis-Alexandre Marnier-Lapostolle, un uomo d’affari francese che imparò a distillare da suo padre, un commerciante di vino.

Louis-Alexandre Marnier-Lapostolle

Amatissimo dai francesi, il Grand Marnier viene tradizionalmente utilizzato per preparare dolci e dessert. Non a caso la fama del prodotto esplose quando Auguste Escoffier, “cuoco dei re, re dei cuochi”, tra i fondatori della moderna cucina francese, lo utilizzò nella ricetta della crêpe Suzette.

Le crêpe Suzette

In realtà, il 95% della produzione della fabbrica, acquisita nel 2016 dal colosso Campari, viene destinata all’esportazione. Un buon 60-70% viene venduto a Stati Uniti e Canada, paesi nei quali questo liquore vellutato e aromatico viene abbondantemente consumato come aperitivo, digestivo o come ingrediente base dei cocktail.

L’Hotel Ritz di Parigi

Un’ultima curiosità: il nome Grand Marnier si deve a César Ritz, che lo serviva dopo cena ai clienti del suo celeberrimo hotel parigino, per aprire il quale aveva ricevuto un ingente prestito da Marnier-Apostolle.

Alla prossima!

Giù le mani dalla baguette

La baguette è uno dei simboli della Francia. Se ne consumano ben 30 milioni al giorno. Ma l’aumento del costo del grano (30 per cento) e dell’energia dall’ inizio del 2021, potrebbe far presto aumentare il prezzo da 90 centesimi a un euro a pezzo. C’è il rischio di un eventuale calo dei consumi? Non credo.

La baguette è qualcosa di molto importante per i francesi. Pensate che esiste persino un concorso annuale per eleggere la migliore baguette di Parigi. Chi vince – il premio quest’anno è andato a un tunisino, il boulanger Makram Akrout, immigrato in Francia 19 anni fa – diventa per un anno il fornitore ufficiale dell’Eliseo.

Le regole della baguette perfetta

Per prepararla bisogna rispettare delle regole ben precise, stabilite per legge: va usata unicamente farina di grano tenero, acqua, lievito di birra o lievito madre e sale, ma si possono aggiungere piccole quantità di farina di soia o di malto. Ma se per caso voleste provare a farla in casa (dove nessuno vi controllerà), seguite questa ricetta.

Le origini della baguette? 3 le ipotesi

Ma qual è l’origine della baguette?

Ci sono tre teorie:

  1. È stata inventata all‘inizio del XIX secolo dai panettieri di Napoleone per essere trasportata più facilmente nelle tasche dei soldati.
  2. Sarebbe stato un panettiere austriaco, August Zang, ad introdurla in Francia. Zang aprì una boulangerie a Parigi nel 1839, dove vendeva pani a forma ovale come quelli che si trovavano all’epoca in Austria.
  3. Nei primi del Novecento durante la costruzione della metropolitana di Parigi. Per evitare scontri all’arma bianca tra gli operai, i responsabili del progetto chiesero ai panettieri di inventare un pane che si potesse tagliare senza coltello.

In realtà, secondo lo storico del pane Steven Kaplan, si tratta di una semplice e naturale evoluzione della richiesta urbana. Gli abitanti più agiati della Ville Lumière volevano avere il pane fresco più volte al giorno e le pagnotte vendute in quel periodo, pesando da uno a due chilogrammi, erano troppo grandi e richiedevano una cottura più lunga. Sempre secondo Kaplan, oltre alla maggiore facilità di preparazione, a rendere la baguette un successo è stata anche la sua forma fallica. Chissà…  

La baguette come la Tour Eiffel?

Dopo il riconoscimento della nostra pizza come patrimonio dell’Unesco, i boulanger francesi non vogliono essere da meno e qualche mese fa hanno chiesto lo stesso riconoscimento all’agenzia dell’Onu. Una iniziativa sostenuta dal presidente Macron e da Dominique Anract, presidente della Confederazione nazionale della panetteria-pasticceria francese, per il quale la baguette è paragonabile alla Tour Eiffel. Mi pare giusto. E a voi?

Dai galeotti a Chanel: la maglia a righe

Da Pablo Picasso a James Dean, da Marilyn Monroe a Kurt Cobain, passando per Andy Warhol, Audrey Hepburn, Madonna e Jean Paul Gautier. Da tenuta dei galeotti a oggetto-moda di culto: la maglia a righe è un evergreen, simbolo dello stile casual-chic. Obbligatorio averne una nell’armadio.

È quel genio di Coco Chanel ad intuirne le potenzialità. Non a caso è proprio in una delle stazioni balneari più chic del mondo, Deauville, che nel 1913 la couturière decide di aprire la sua prima boutique. Usata dai pescatori e marinai bretoni (convinti che con quelle righe fosse più semplice ritrovare un uomo caduto in mare), nel 1858 diventa la divisa ufficiale dei marinai francesi.

Audrey Hepburn
Marilyn Monroe
Kurt Cobain

L’altro giorno ero a Cabourg e mi sono seduta al tavolino di un café sulla via principale con la mia macchina fotografica. Bene, in pochi minuti ho catturato almeno una dozzina di immagini di persone, di tutte le età, con indosso la mitica marinière.

Idem sulla spiaggia….

A questo punto, anche se adorandole, ne ho già alcune, non ho saputo resistere: sono entrata in un negozio, dal titolo emblematico, “A’ la recherche du temps perdu“, e mi sono comprata una maglia e due sciarpe a righe (in saldo).

E voi, ne avete una?

James Dean

Vaccinarsi o no con AstraZeneca?

Vaccinarsi con AstraZeneca. Non vaccinarsi con AstraZeneca: questo è il dilemma.

Assillata dai dubbi

Le notizie che si rincorrono da settimane sui vari casi di trombosi verificatisi in seguito all’inoculazione di AZ non aiutano nella scelta. Vi racconto la surreale, travagliata ma alla fine positiva esperienza della mia vaccinazione. Eh, sì perché domenica scorsa ho avuto la prima dose. Ho avuto paura? Non direi. Mi correggo: in realtà prima di farmi vaccinare i dubbi hanno tenuto la mia mente molto occupata.

Lo faccio o non lo faccio?

Dopo essermi prenotata per il 28 aprile all’Hub della Stazione Termini di Roma, le news sui casi di trombosi hanno cominciato magicamente a moltiplicarsi. Lo faccio? Non lo faccio? Mi cancello? Perché le trombosi capitano soprattutto alle donne? Ma ho 61 anni, forse mi salvo… “Mamma però tu fisicamente dimostri dieci anni di meno”, mi ha detto a un certo punto mio figlio rimettendo in crisi le mie già scarse certezze. Vabbè, allora magari aspetto che arrivino altre scorte di Pfizer… “Mamma, i vaccini sono sicuri, anche la Merkel ha fatto AZ, fallo!”, mi ha invece ricordato mia figlia. I giorni passavano ed ero sempre più combattuta.

Informazioni confuse

Sabato scorso rivedo una mia cara amica, andiamo insieme a fare la spesa in un mercato contadino a km 0. Lei non ha mai preso medicine, neanche l’aspirina, si cura omeopaticamente, al contrario di me fa attività fisica regolare. “Io l’AZ non lo faccio”, mi fa. In meno di tre secondi i miei dubbi si concretizzano. La mia mente crea di colpo un puzzle di notizie negative, la Danimarca che ha ritirato AZ, i casi di trombosi, le donne morte… “Cancellati e aspetta, tanto se vuoi fare un’altra prenotazione per AZ trovi subito posto”, mi dice. Mi sembra subito la soluzione migliore.

Torno a casa e la prima cosa che faccio è disdire l’appuntamento. Poi però ricomincio a navigare in rete e leggo la notizia che gli Usa hanno deciso di interrompere il vaccino Johnson&Johnson perché anche questo è rischio trombosi. E vabbè ma allora…. se do retta a tutto quello che leggo non ne esco. Nel giro di pochi minuti decido di verificare sul sito della Regione la possibilità di ri-prenotare AZ. Nel frattempo, faccio gli auguri di compleanno a un’altra mia amica, che da anni si occupa della salute delle donne, e ne approfitto per chiederle info su Az. Mi risponde dicendomi che lei lo ha fatto e che ha avuto solo due giorni di stanchezza e rimbecillimento, ma di farlo senza problemi. “Vai tesoro!”, mi scrive.

Una notte insonne

Mi vengono in mente decine di post di colleghi giornalisti che l’hanno già fatto. Tutti contenti. Soprattutto per essere andati alla Nuvola: descrizioni mirabolanti, racconti e dettagli sull’assoluta efficienza e rapidità della struttura…. Guardo se c’è posto: ce n’è uno il giorno dopo alle 15! Prenoto. Incrocio le dita. Emozione. Paura. Eccitazione. Roba da pazzi…. Rifletto su tutto questo. La nostra vita ormai dipende da un’iniezione. Grottesco.

La notte dormo poco e male. Ho ancora dei dubbi. Alle 13 rivado sul sito della Regione, cerco di cancellare la prenotazione. Troppo tardi. Un sollievo. Ormai devo andare. Piove a dirotto. Mia figlia si offre di accompagnarmi. Stiamo per entrare nel passaggio riservato ai “vaccinandi”, ma ci dicono che lei non può entrare. Noooo!!! Mi incammino da sola.

Vaccinarsi in una Nuvola

Il posto è bellissimo, non lo conoscevo. Fuori c’è un passaggio costante e silenzioso di persone in mascherina e ombrello che entrano ed escono dalla gigantesca opera architettonica di Massimiliano Fuksas. Concepita come centro congressi e punto di riferimento dell’arte moderna e contemporanea, è diventata un gigantesco hub vaccinale dove si salvano vite con l’adenovirus degli scimpanzè.

Qui si fanno 3.500 vaccinazioni al giorno, con 50 postazioni vaccinali (tutte attive contemporaneamente) e oltre 140 tra medici, infermieri e personale amministrativo. Gli ampi spazi della Nuvola e la velocità dei vari passaggi danno sicurezza e senso di protezione.

Ma siamo a Roma o in Svizzera?

La procedura di accoglienza, la raccolta dei dati sanitari e la vaccinazione durano in tutto mezz’ora, compresi 15 minuti di osservazione. Ero strabiliata. Ma stiamo a Roma o in Svizzera? Dove e come hanno imparato questo livello di efficienza?

Questa è la dottoressa che mi ha vaccinata

Aspettando la fine dei 15 minuti di osservazione davanti ai banchi del check-out

Prova superata

Una volta uscita, mi sono sentita molto soddisfatta. Mi sembrava di aver fatto la cosa giusta.

È vero: per due giorni ho sentito un lieve malessere, come se mi avessero sballottata per ore in un camion su una strada di montagna. Rallentata nei movimenti, qualche brivido, ma niente febbre.

Sono sicura di aver fatto bene. Aspetto con ansia – ma senza preoccupazione – la seconda dose a luglio. Sperando di potermi godere la prossima estate in santa pace.

Alla prossima!