La Suisse Normande è chiamata così fin dal XIX secolo per il suo rilievo aspro e verdeggiante, con gole scolpite dall’Orne e dai suoi affluenti per l’erosione del Massiccio armoricano. Un paesaggio forgiato dal tempo e dai corsi d’acqua, dove si possono ancora trovare tracce dell’antica Roma.
La Suisse Normande, regione a cavallo tra il Calvados e l’Orne, è ricca di villaggi tipici – da Athis de l’Orne a Saint-Philbert-sur-Orne, Pont-d’Ouilly e Clécy – e di sentieri pieni di fascino, come la “Voie Romaine” di Putanges-Pont-Ecrepin.
La strada romana
La Suisse Normande è una delle destinazioni preferite dagli amanti delle passeggiate nella natura: ce n’è per tutti i gusti! Una di queste è il Chemin de la Voie Romaine. Questo piccolo sentiero situato ai bordi del villaggio di Putanges-Pont-Ecrepin è lastricato da grosse pietre che venivano usate dagli antichi romani per trasportare le merci. Certo, non ha nulla a che vedere con la maestosità dell’Appia Antica, ma in quanto romana confesso di essermi un po’ emozionata a camminare su quelle pietre cariche di storia.
Natura incontaminata
Passo dopo passo, ci si immerge in una natura incontaminata e in un benefico silenzio interrotto solo dal cinguettio degli uccelli e dal rumore del vento che soffia su questo paesaggio selvaggio ma rassicurante. E si possono fare anche molti incontri piacevoli…
Che ne pensate? È solo un piccolo assaggio di quello che potete trovare nella Suisse Normande. Spero che le foto e i video di questo post vi abbiano fatto venire voglia di visitarla!
Tra esattamente un mese sarà un anno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. E’ un fatto. Tragico. Mi sono venute in mente le immagini di un’altra invasione, un’altra guerra, un altro inferno nel cuore dell’Europa. Sono le immagini che ho scattato l’estate scorsa a Falaise (Calvados). Questa cittadina normanna a 40 chilometri a sud di Caen è stata la protagonista di una delle più violente battaglie della storia della liberazione della Normandia, della Francia e dell’Europa dall’ invasione nazista. Sto parlando della Sacca di Falaise, che avvenne due mesi dopo lo Sbarco in Normandia, nell’agosto 1944.
Una battaglia che pose fine a 90 giorni di durissimi combattimenti contro l’esercito del Terzo Reich e segnerà l’inizio della fine per l’esercito tedesco. Parigi verrà poi liberata il 24 agosto.
Il 7 agosto il 2nd Canadian Corps parte da Caen, appena liberata, verso Falaise. Di fronte ha tre divisioni tedesche, tra le quali la famigerata 12a SS Hitlerjugend, che oppongono una violenta resistenza. Ci vorranno 10 giorni prima che gli alleati, anglo-canadesi e polacchi, raggiungano Falaise.
La Sacca di Falaise fu un vero e proprio inferno: oltre 12 mila tedeschi uccisi e 50 mila fatti prigionieri, gravi perdite tra le truppe canadesi (5.500 tra morti, feriti e dispersi) e polacche (1.400 morti). La devastazione totale. L’odore dei cadaveri in decomposizione si sentiva a chilometri di distanza. Una battaglia che inoltre lasciò sul terreno di guerra un’immensa quantità di materiali bellici, per sbarazzarsi dei quali bisognerà attendere i primi anni Duemila.
Ero stata varie volte a Falaise, ma l’estate scorsa ho scoperto l’opera di uno dei pionieri della street art, Jef Aérosol. Le foto che vedete raccontano le toccanti creazioni di questo artista di Nantes esposte davanti al Mémorial de Falaise, un museo tutto dedicato alla vita e alle sofferenze dei civili che subirono gli anni dell’occupazione tedesca e dello sbarco in Normandia nel 1944.
Questo dandy delle bombolette spray ha lasciato la sua impronta sui muri di molte città in tutto il mondo. I suoi ritratti in bianco e nero, illustri o anonimi, spesso dipinti a grandezza naturale, testimoniano l’attaccamento dell’artista ai più profondi valori umani. Impossibile non vedere in questi volti la stessa disperazione della popolazione ucraina.
Le opere che vedete sono state realizzate da Jef Aérosol tra il 2 e il 7 maggio 2019, davanti agli abitanti, ai passanti e ai turisti nella bellissima piazza dedicata a Guglielmo il Conquistatore (nato a Falaise nel 1027). Tratti da materiale d’archivio, i ritratti sono stati rilavorati nel suo atelier e trasposti in forma di stencil. Osservando i volti di questi uomini, donne e bambini, risuona forte un grido d’aiuto, ma soprattutto la parola “pace”. E sinceramente mi chiedo come sia possibile che gli errori e gli orrori della Seconda guerra mondiale non abbiamo insegnato nulla.
Sapevate che Elisabetta II, oltre che regina d’Inghilterra, era anche duchessa di Normandia? Anzi duca, al maschile. È una lunga storia che vale la pena raccontare…
Tra i 130 milioni di sudditi di Sua Maestà che l’8 settembre scorso sono rimasti orfani della loro amata Regina, ci sono anche molti normanni.
Dal 2 giugno 1952, giorno della sua incoronazione, per gli abitanti delle isole franco-inglesi nel Canale della Manica lei è sempre stata “il duca”, al maschile.
Perche’ duca e non duchessa?
Il ritratto, senza corona, di Elisabetta “duke of Normandy”, nel palazzo dell’Assemblea di Jersey.
Nonostante facciano parte della Normandia, Jersey, Guernsey, Alderney, Sark, Herm, Jethou, Brechou e Lihou sono sotto la corona britannica. Da mille anni sono infatti governate dai re e dalle regine inglesi.
Bandiere a mezz’asta a Jersey per la morte di “the Queen, our duke”.
Ma perché “Duke of Normandy” e non “Duchess”? La spiegazione è semplice: nella gerarchia degli appellativi reali, “Duke” è più forte di “Duchess” e niente può essere più forte di un monarca; quindi, lui o lei, indipendentemente dal sesso, deve rimanere il più forte. Ecco perché il nome resta al maschile.
Se Lilibeth era “Duca di Normandia”, era però “Duchessa di Edimburgo”. Come mai, vi chiederete? Perché era moglie del Duca di Edimburgo, il Principe Filippo, il suo adorato consorte morto l’anno scorso.
Comunque, ora tutta questa strana gestione dei titoli è finita: con Carlo III la regalità torna a essere maschile.
Lilibeth e la Normandia: un grande amore
Ieri, mentre aspettavo di ascoltare il primo discorso del nuovo re d’Inghilterra Carlo III, ho indagato un po’ e ho scoperto che anche la mia regale omonima aveva un rapporto particolare con la Normandia.
Basti dire che Elisabetta è stata incoronata nello stesso luogo, l’Abbazia di Westminster a Londra, dove furono incoronati i suoi avi Guglielmo il Conquistatore (primo re normanno d’Inghilterra) e Riccardo Cuor di Leone.
Ma non è solo per questo che Lilibeth amava questa terra.
Ecco alcune delle sue visite, ufficiali e non, rimaste nella storia.
Siamo nel maggio 1972 e la regina e suo marito Filippo stanno completando il loro viaggio ufficiale in Francia. Arrivano in treno alla stazione di Rouen da Parigi.
Per gli abitanti della cittadina normanna è un giorno quasi festivo. Molti dipendenti vengono autorizzati a partire per partecipare a questo evento e agli studenti viene concesso di non andare a scuola. Rouen viene invasa dalle bandiere e decorata con fiori.
La coppia (entrambi parlavano perfettamente il francese) fa prima un passaggio davanti alla cattedrale, poi si reca davanti al monumento di Giovanna d’Arco in Place du Vieux-Marché. Un momento importante: la Regina omaggiava l’eroina torturata dagli inglesi.
Elisabetta e Filippo vengono quindi portati sulla riva sinistra del cimitero militare nel distretto di Saint-Sever, dove dalla Prima guerra mondiale sono sepolti migliaia di soldati del Commonwealth.
Lilibeth e il Principe torneranno nel loro regno a bordo dello yacht Britannia, che consideravano la loro residenza preferita, in un’atmosfera degna dell’Armada. Salperanno salutati dall’ovazione dei tanti normanni presenti (e ci sarà anche un uomo che fuggendo ai controlli cercherà di salire a bordo).
Deauville, 1967
La Regina Elisabetta arriva a Deauville, 1967.
La passione sfrenata per i cavalli e per le corse porterà molte volte sua Maestà in Normandia. È il 29 maggio 1967 quando Elisabetta arriva all’aeroporto di Deauville-Saint-Gatien per visitare le migliori fattorie e allevamenti di cavalli della regione francese.
Il Libro d’Oro di Deauville firmato dalla Regina Elisabetta nel 1967..
La sovrana ne approfitta per visitare i famosi allevamenti (haras) normanni. Per tre giorni si stabilisce nel castello di Sassy, tra Argentan e Alençon. Attraversa la campagna dell’Orne e visita in particolare l’Haras du Pin.
Vent’anni dopo, nel 1987, la Regina amazzone tornerà dai suoi adorati purosangue, accogliendo l’invito dell’allenatore Alec Head, proprietario dell’Haras du Quesnay, nei pressi di Deauville. Incontrerà anche Philippe Augier, allora amministratore delegato dell’agenzia francese di vendita di purosangue.
Elisabetta II nell’allevamento di Quesnay nel 1987 (archivio Ouest France)
In quella occasione, la Regina approfitta per fare un salto nell’elegante cittadina costiera, dove verrà eccezionalmente autorizzata ad attraversare a bordo della sua Rolls Royce le celebri Planchesdi Deauville.
La Regina Elisabetta nella sua Rolls Royce sulla spiaggia di Deauville.
Veterana della Seconda Guerra Mondiale
La Regina Elisabetta era una veterana della Seconda guerra mondiale: era stata assistente di ambulanza per l’esercito britannico. E’ stata l’ultima sovrana europea ad aver vissuto i bombardamenti su Londra, nel 1940, e all’epoca dello sbarco degli alleati aveva 18 anni.
Dal canto suo, Filippo era il nipote di Louis Mountbatten, capo del quartier generale dell’Operazione Jubilee, lo sbarco canadese a Dieppe nel 1942.
Non sorprende quindi che durante il suo lungo regno abbia partecipato regolarmente alle commemorazioni del D-Day. Come nel 1984, quando al fianco di Ronald Reagan e François Mitterrand si reca a Utah Beach e ad Arromanches per salutare e ringraziare i veterani britannici.
Nel 1994, per il 50.mo anniversario dello sbarco, visita il cimitero americano di Colleville-sur-Mer e Omaha Beach al fianco di Bill Clinton.
La Regina Elisabetta alla commemorazione del D-Day il 6 giugno 1994.
Nel 2004 torna ad Arromanches con Jacques Chirac, George Bush e Vladimir Putin.
Elisabetta con Bush, Chirac e Putin ad Arromanches nel 2004.La Regina Elisabetta con Jacques Chirac nel 2004.
Quella volta Lilibeth cerca anche di ritagliarsi un momento privato: viene “beccata” a Honfleur, gioiellino sulla costa del Calvados, mentre entra in uno dei tanti ristoranti che si affacciano sul vecchio porto. La voce dell’arrivo della sovrana si è sparsa a macchia d’olio: giornalisti, telecamere e turisti si accalcano davanti al ristorante. Lei entra senza fermarsi. La vera notizia è che non indossa uno dei suoi iconici cappelli.
Esce poco dopo, ma non si ferma a salutare i tanti fan, soprattutto inglesi, che nel frattempo la attendono per vederla da vicino e immortalare l’evento. Nessuno però gliene farà una colpa. Anche una Regina ogni tanto ha diritto a mangiarsi una cosa in santa pace….
Il suo ultimo viaggio in Normandia
Il suo ultimo viaggio ufficiale in Normandia risale al giugno 2014, per il 70.mo anniversario del D-Day. La regina, all’epoca 88enne, accompagnata da Carlo e Camilla e dal presidente François Hollande, si troverà al fianco dei leader mondiali, tra i quali Barack Obama, Vladimir Putin, Giorgio Napolitano e Angela Merkel.
La Regina Elisabetta nel suo ultimo viaggio in Normandia per le celebrazioni del D-Day, 2014.
L’8 settembre 2022 l’iconica e inimitabile Queen Elizabeth II ci ha lasciati. La monarchia regge (per ora), ma una cosa è certa: nessuno altro re o regina sarà come lei, “Our Queen, Our Duke”.
Bellême ha mille anni di storia e tradizioni. Si trova nel Perche, terra di manieri solitari e abbazie sperdute nella campagna, tra boschi, colline e alberi centenari. Un territorio quasi interamente parco protetto, raffinato concentrato di natura e bellezza.
Mille anni di storia
La storia di Bellême inizia a metà del X secolo quando un nobile normanno, Ivo di Creil (940 circa – 1005), riceve dal sovrano carolingio Luigi IV di Outremer l’ordine di difendere un crocevia di due strade, una proveniente da Chartres, l’altra da Evreux ed entrambi diretti a Le Mans. È sotto il regno di Ivo che viene costruito un castello sulle alture di uno sperone calcareo (situato a poche decine di metri dall’attuale parco di Vigan) e che il villaggio comincia a popolarsi.
Ma a rendere famosa Bellême sono i suoi eredi, che estendono il nome ai confini dell’Orne: il loro territorio si estende per 120 chilometri e arriva fino a Sées e Domfront.
La caduta della dinastia
Totale cambio di rotta nel XII secolo, quando uno dei suoi discendenti, Robert de Bellême, vede le sue terre confiscate dal re di Francia Luigi VI detto il Grosso. Il monarca francese si mette d’accordo con il re d’Inghilterra Henri Beauclerc per donarlo a Rotrou III, conte di Nogent e Mortagne-au-Perche. È la caduta della dinastia dei Bellême.
Il Perche diventa quindi una contea e “non solo una foresta”, come era chiamata fino ad allora. Grazie alla sua imponente fortezza, la città riesce comunque a mantenere una posizione strategica. Sarà infatti considerata la capitale del Perche fino al XVI secolo, quando cederà il posto a Mortagne.
Tra mercatini, profumi e sale da the’
L’ocra, il rosa e le tinte pastello caratterizzano questa cittadina medievale ricca di sorprese, con le sue facciate multicolore e i numerosi hôtels particuliers del XVII, XVIII e XIX secolo. Paradiso degli amanti dei mercatini dell’usato, d’arte, arredamento e antiquariato, è anche un’irrinunciabile tappa gastronomica, con le sue sale da thè, cioccolaterie e boulangeries.
Le Comptoir du Porche, in rue du Chateau.
Alcune boutique hanno al loro interno dei giardini dove, dopo lo shopping, si può fare una piacevole pausa sorseggiando un thè.
Curiosando in uno dei tanti negozietti dell’usato, ho scovato anche un vecchio disco di Milva!
Il nome di questa bigiotteria, “de bons présages”, è tutto un programma… Qui si trovano pezzi unici realizzati da artigiani del luogo e a tutti i prezzi.
Bellême, lambita da una splendida foresta demaniale di 2.400 ettari, la famosa Foresta di Bellême, è anche il regno dei profumi e dei saponi naturali. Non è facile resistere alla tentazione di entrare in una delle tante boutique del centro storico e acquistare qualche prodotto per la cura del viso o del corpo, tutti provenienti dalla regione e rigorosamente privi di sostanze chimiche.
La Savonnerie de la Chapelle
Anche i vestiti rispettano la regola: ad esempio, nella boutique Les Sabots d’Albe, in Place de la Republique, si trovano capi d’abbigliamento realizzati esclusivamente con materiali naturali: lana, cotone, seta e cachemire. Per chi volesse passare una notte nel cuore del paese, al primo piano c’è anche una chambre d’hôtes.
A Bellême sono belli anche i negozi di pompe funebri, non trovate?
L’Eglise Saint-Saveur
La chiesa di Saint-Sauveur risale al XVII secolo ed è l’unico edificio religioso rimasto intatto. Tutti gli altri, tranne la cappella dell’antico castello, sono andati distrutti. Una delle otto cappelle laterali fu decorata da Aristide Boucicaut, del “Bon Marché” di Parigi, nato a Bellême nel 1810 e inventore del commercio moderno.
Aristide Boucicaut
La chiesa, 40 metri di lunghezza e 18 di larghezza, è stata interamente restaurata nel 1881 per iniziativa dell’abate Louis Triboté, parroco di Bellême. La volta, realizzata secondo lo stile normanno percheron, risale al 1650.
Il magnifico tetto a cupola della chiesa di Saint-SaveurUna delle tre lanterne poste sul tetto della chiesa
A Bellême il tempo si è fermato. Pensate che fin dal Medioevo ogni giovedìvicino alla chiesa di Saint-Sauveur si tiene un mercato. In passato venivano venduti una grande quantità di prodotti agricoli (grano, uova, pollame e tessuti di canapa) come testimoniano i nomi di alcune strade o piazze come rue aux Gélines, Coquetière o place au Blé.
Oggi Bellême è una tranquilla cittadina di provincia di circa 1.600 abitanti, che vive al ritmo del suo mercato e dei fine settimana, dove la popolazione locale e i proprietari di residenze secondarie si riversano per fare la spesa.
Qualche giorno fa ho visitato il Castello di Guglielmo il Conquistatore a Falaise, in Calvados. Una delle rare testimonianze del potere e dell’architettura anglo-normanni. Non è un caso, infatti, che sia uno dei monumenti preferiti dai francesi. Talmente bello e ben organizzato che ci ho passato più di due ore. Mi ha letteralmente conquistata e vi spiego perché…
I primi passi di Guglielmo il Conquistatore
Ad accogliermi è il busto di Guillaume le Conquérant. Ho subito immaginato il quindicenne Guglielmo, allora già duca di Normandia, muovere proprio qui i primi passi della straordinaria ascesa militare che nel 1066 lo porterà a conquistare il trono d’Inghilterra.
Guglielmo il Conquistatore, pronipote del vichingo Rollo, nasce a Falaise nel 1028
Quando Guglielmo viene alla luce, nel 1028, il castello esiste da un anno e non ha ancora l’aspetto che conosciamo oggi. Sarà il suo quarto figlio, Enrico I d’Inghilterra, ad intraprendere grandi opere per ricostruirlo. Lo farà secondo i criteri architettonici messi in pratica da suo padre in Inghilterra dopo la Conquista del 1066.
Ma il potere normanno faceva gola a molti. Nel XII secolo il re di Francia Philippe-Auguste, il cui regno è più piccolo di quello dei normanni, affronta Riccardo Cuor di Leone e Giovanni senza terra. E’ allora che la Normandia diventa francese, mettendo la parola fine alla saga dei duchi normanni. Per farsi amare dal popolo, però, Philippe-Auguste fa costruire nuove torri.
Nel corso della storia la fortificazione sarà pesantemente danneggiata dalla guerra dei Cent’anni, dalle guerre di religione guidate da Enrico IV, re di Francia e, naturalmente dalla Seconda Guerra Mondiale, che tra l’altro distrusse l’80% di Falaise.
Faccia a faccia con la storia
Una volta entrati nel Castello, i visitatori vengono catapultati in un’atmosfera molto particolare. Il percorso è studiato con attenzione: si viene portati per mano lungo secoli di guerre, matrimoni, alleanze. Non solo: i protagonisti di questa saga si raccontano in prima persona: le loro vite e le loro gesta vengono narrate da attori che appaiono in 3D sui muri del castello.
Gli interni riprendono vita sui tablet
Il Castello di Guglielmo il Conquistatore è il regno della multimedialità: all’inizio della visita ti viene fornito un tablet che mostra in realtà aumentata i suoi interni durante il Medioevo. Una ricostruzione molto dettagliata e di grande effetto, costata due anni di lavoro e di complesse ricerche d’archivio.
Il Grande Torrione
Arrivo nella prima sala, l’Aula, che si trova nel Grande Torrione, costruito verso il 1120: uno spazio pubblico dove il re-duca riceveva le sollecitazioni, ma che veniva anche utilizzato anche per feste e banchetti.
L’Aula, all’entrata nel Grande Torrione
Il Piccolo Torrione
Attraversando una porta in fondo all’Aula giungo al Piccolo Torrione, costruito nella seconda metà del XII secolo, durante il regno di Enrico II Il Plantageneto e di sua moglie Eleonorad’Aquitania. La stanza è elegante e luminosa. Le due finestre furono rimaneggiate nel XV secolo, durante la Guerra dei Cent’Anni. A colpirmi è un bellissimo e grande caminetto, costruito in mattoni a spina di pesce (probabilmente originale), che rende tutto l’ambiente particolarmente confortevole.
La Torre Talbot
A sinistra del caminetto del Piccolo Torrione c’è un passaggio attraverso cui arrivo al terzo e ultimo torrione: la Torre Talbot. A farla costruire è il re di Francia Filippo-Augusto, che dopo la conquista della Normandia nel 1204 fa realizzare numerose opere di questo tipo come simbolo del nuovo potere. A differenza dai castelli anglo-normanni, infatti, la Torre Talbot è ideata per la difesa e la protezione. Fatta per resistere, ha mura molto spesse e un pozzo interno che garantiva l’acqua potabile in caso di assedio.
Scendo dalla scala della Torre Talbot e arrivo a una piccola terrazza…
Tornata nel Grande Torrione, scopro la Camera, ovvero la parte dedicata alla vita privata del castello. Uno spazio per i pasti, per dormire, dove viveva la famiglia del signore e i suoi collaboratori più stretti. Così come la Cappella, riservata al re-duca e alla sua corte.
Nelle Sale Basse venivano conservate le munizioni, la legna e il cibo, e la cisterna, che recuperava l’acqua piovana per spegnere gli incendi e togliere il sale agli alimenti (messi sotto sale per conservarsi). Insomma, nulla era lasciato al caso!
La vista su Falaise
Lo confesso, questo castello mi ha fatto innamorare. La vista su Falaise, poi, è qualcosa di unico.
Falaise vista dal Castello
La cinta del castello è formata da un muro, in parte databile al XIImo secolo, rinforzato da torri semicircolari del XIImo-XIIImo, rimaneggiate nel XVmo secolo.
La statua di Guglielmo il Conquistatore in Place Guillaume-le-Conquérant, vicino al municipio, alla Chiesa della Trinità e al castello.
La bandiera normanna
Ovviamente sul Castello di Guglielmo il Conquistatore svetta la bandiera normanna, che ha due leopardi d’oro su sfondo rosso. I due animali rappresenterebbero i due fratelli Rollo (capostipite della casata) e Gurim. Secondo un’altra interpretazione, Guglielmo avrebbe scelto i due leopardi per indicare il suo essere bastardo (nacque da una relazione extraconiugale tra Roberto I il Magnifico e Arlette, una giovane contadina normanna).
La bandiera normanna
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Il giardino dei 5 sensi
Ma le sorprese non finiscono qui. Dopo tanta storia, un po’ di relax. Mi vado a sedere all’ombra di una grande quercia per ripararmi dal sole cocente, cercando di immaginare la vita della gente comune durante quei secoli di guerre e conquiste. Il mio pensiero va inevitabilmente alle guerre di oggi. E al fatto che, purtroppo, c’è ancora qualcuno rimasto al Medioevo…
Quindi mi alzo e mi incammino verso una piccola oasi di verde. E così scopro il “Giardino dei 5 sensi”. Come spiega un cartello all’entrata, lo scopo era quello di stimolare la vista, il tatto, l’olfatto, l’odorato e il gusto. Un giardino che “ha ispirato molti romanzi e canzoni del Medioevo”, un quadro propizio all’amore e al corteggiamento dei cavalieri per le loro dame. I profumi e i colori mi avvolgono in questo momento perfetto.
Non mancano le erbe medicinali e un piccolo orto (un po’ secco vista la siccità di questi mesi). Ma soprattutto “La teoria degli umori”. Durante il Medioevo si pensava infatti che la salute dell’anima e del corpo risiedesse nell’equilibrio degli umori: sangue, muco, bile gialla e bile nera. La malattia derivava dallo squilibrio di questi umori. Una teoria semplice e piena di antica saggezza che forse varrebbe la pena rivalutare!
“Il giardino dei 5 sensi”
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Nella mia mente infuriano le immagini di Guglielmo e della sua amata moglie Matilde, dei campi di battaglia, delle teste coronate e delle famiglie dei contadini che mettevano la propria vita nelle loro mani, del sangue versato per la sete di conquista e per proteggere il proprio regno, degli amori segreti tra cavalieri e dame.
Lascio questo luogo magico con rinnovata energia e un pizzico di saggezza in più.